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Dylann Storm Roof: il presunto autore della strage di Charleston catturato a Shelby

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-06-18

A riconoscerlo è stato lo zio: al giovane era stata regalata una pistola calibro 45 per il suo compleanno. Nella strage sono morte nove persone. “Voi stuprate le nostre donne e state prendendo il sopravvento nel nostro Paese e dovete sparire”, avrebbe detto ai sopravvissuti

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Il sospetto autore del massacro nella chiesa di Charleston si chiama Dylann Storm Roof, 21enne di Eastover, nella contea di Richland, in South Carolina. A identificarlo è la Wist Tv. Il ragazzo sarebbe stato arrestato a marzo per accuse di droga. A riconoscerlo è stato lo zio, secondo il quale al giovane era stata regalata una pistola calibro 45 per il suo compleanno, nell’aprile scorso. Dylann Roof ha 21 anni. Nella foto che vedete in basso Dylann Roof ha sulla sua destra una serie di bandiere della Rhodesia e del Sudafrica all’epoca dell’apartheid. Secondo i database della polizia, Roof era finito nei guai per possesso di droga e violazione di domicilio, prima di ieri. Il profilo Facebook di Roof è questo. Secondo Newsweek, che cita media locali, Dylann Roof è stato catturato a Shelby in North Carolina. Usa Today conferma la notizia. La CNN riporta che la notizia è stata confermata dalle forze dell’ordine. – Il ventunenne omicida – secondo quanto riportano le stesse fonti – sarebbe stato catturato in Nord Carolina e arrestato. “Attualmente è sotto custodia delle forze di polizia”, avrebbe rivelato alla Cnn un alto funzionario informato dei fatti.
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Dylann Roof nella foto indossa una giacca nera con le decalcomanie di due bandiere che non esistono più. La bandiera in alto è quella usata dal Sudafrica tra il 1928 e il 1994, ovvero fino a quando non è caduto il regime dell’apartheid, quando quella bandiera venen sostituita dall’attuale. La seconda bandiera è quella utilizzata dall’allora Rhodesia – ora Zimbabwe – dal 1968 al 1979. I due stemmi hanno una cosa in comune: erano i simboli di regimi di minoranze bianche che opprimevano le popolazioni nere. Entrambe queste nazioni hanno abbandonato l’apartheid prima della nascita di Dylan. Come ha notato il Southern Poverty Law Center, i suprematisti bianchi amano sostenere che lo Zimbabwe e il Sud Africa sotto la prova provata dei rischi che correrebbe una nazione in cui i “neri” prendono “il sopravvento” sui bianchi.

 Due foto di Dylann Storm Roof rilasciate dalla polizia


DYLANN STORM ROOF: IL SOSPETTO AUTORE DELLA STRAGE DI CHARLESTON
Nel frattempo emergono le prime testimonianze dei sopravvissuti alla strage di Charleston sulle affermazioni di tenore razzista fatte dal killer. Secondo una fonte citata dalla Nbc questi avrebbe detto alle vittime: “Voi stuprate le nostre donne e state prendendo il sopravvento nel nostro Paese e dovete sparire”. Lo riferisce un reporter in un tweet. Stando alle prime indicazioni inoltre, l’uomo – un ventenne bianco – avrebbe ricaricato l’arma 5 volte durante l’attacco. Lo zio dice di averlo riconosciuto dalle immagini delle telecamere fornite dalla polizia di Charleston. Roof, ha reso noto la polizia è di Lexington, in South Carolina.

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L’identikit di Dylann Storm Roof, presunto autore della strage di Charleston


La polizia ritiene che Roof sia stato visto l’ultima volta in fuga dal parcheggio della chiesa di Emanuel a Charleston sopra una berlina nera a quattro porte, identificata come una Hyundai nera con targa della Carolina del Sud. Nella Carolina del Sud sono attivi almeno 19 gruppi legati all’odio razziale. Ecco i principali, secondo i dati del Southern Poverty Law Center, ong per i diritti umani: – Ku Klux Klan: gli incappucciati sono attivi e presenti sul territorio, come dimostra una campagna di reclutamento avvenuta nel 2014. A Seneca, nel nord-ovest della Carolina del Sud, i residenti hanno raccontato di aver ricevuto buste con candele e manifesti che invitavano ad unirsi al KKK. “Salva la nostra terra, unisciti al Klan”, si leggeva sui volantini. – Lega del Sud: i suoi associati si battono per la secessione dal nord e la promozione della “cultura anglo-celtica”. “Se ci chiamate razzisti, la nostra risposta e’ ‘E allora?'”, si legge sul sito web dell’organizzazione – Consiglio dei Cittadini Conservatori: rappresentano la ‘reincarnazione’ dei White Citizens Councils, formatisi negli anni ’50 e ’60 per combattere la de-segregazione nelle scuole. Si oppongono all’integrazione razziale e a tutto cio’ che rischia di “distruggere o denigrare l’eredita’ europea-amaricana”. “Dio e’ il creatore del razzismo. E’ colui che ha diviso il genere umano in tipi differenti. Mischiare le razze e’ una ribellione contro di Lui”, e’ una dichiarazione pubblicata sul loro sito nel 2001. – Neonazisti/Skinhead/movimenti anti-immigrati: la galassia registrata nella Carolina del Sud comprende tre vere e proprie cellule neo-naziste ma anche gli skinheads del gruppo ‘Confederate Hammerskins’ e un movimento di protesta contro l’immigrazione chiamato ‘Americans Have Had Enough’.
 
DYLANN ROOF E LA STRAGE DI CHARLESTON
Roof ha ucciso sei donne e tre uomini, tra cui il pastore della chiesa, un membro democratico del Senato della South Carolina, Clementa Pinckney, 41 anni e padre di due figli. Il reverendo era stato uno dei simboli della veglia per Walter Scott, il giovane nero disarmato ucciso da un agente bianco a Charleston lo scorso aprile, un caso che aveva suscitato dure proteste contro la polizia. Sulla strage in chiesa indaga anche l’Fbi e la polizia l’ha definita un “crimine di odio” razziale. Nelle foto diffuse dagli investigatori, si vede un giovane con i capelli castani a caschetto, sul metro e 80 di altezza, una felpa grigia a maniche lunghe, pantaloni neri e scarpe marroni. L’assassino e’ fuggito a bordo di un’automobile nera e la polizia ha diffuso la foto e i dati del giovane. La chiesa episcopale metodista Emanuel African di Charleston è una delle più vaste e antiche congregazioni di afroamericani nel sud degli Stati Uniti. Le origini affondano nel lontano 1816, quando – in seguito a una disputa sui terreni di sepoltura – i neri della chiesa episcopale metodista di Charleston decisero di staccarsi, sotto la guida del reverendo Morris Brown. La comunità all’epoca contava circa 1.400 fedeli ma i tempi erano difficili: il pastore Brown e altri ministri del culto, come riferisce la Cnn, vennero imprigionati per aver violato la legge che impediva agli schiavi e ai neri liberi di radunarsi senza supervisione. Nel 1822 la congregazione finì nel mirino della autorità: uno dei suoi fondatori, Denmark Vesey, aveva tentato di organizzare una rivolta di schiavi ma era stato scoperto. La polizia sospettò che i cospiratori si riunissero nell’edificio di culto. La chiesa, per ritorsione, fu data alle fiamme e ben 35 persone furono giustiziate, fra cui lo stesso Vesey. La congregazione ricostrui’ l’edificio dove continuo’ a celebrare fino al 1834, quando tutte le chiese ‘nere’ furono messe fuori legge in South Carolina. Il divieto non impedì ai fedeli di riunirsi in segreto fino alla fine della guerra civile nel 1865, quando la comunità si riorganizzo’ formalmente e adottò il nome di Emanuel, che significa ‘Dio è con noi’. Al tempo, l’edificio era una struttura di legno e, nel 1886, fu distrutto da un terremoto. Ancora una volta la congregazione ricostruì la sua chiesa che, negli anni ’60, accolse molti leader delle battaglia contro l’apartheid, fra cui lo stesso Martin Luther King. “Dio è nostro Padre, Cristo è il nostro Redentore, l’uomo è nostro Fratello” recita il motto della chiesa che oggi – con 2.500 posti e una suggestiva architettura in stile gotico – viene considerata una sorta di ‘istituzione’ a Charleston e, nel 1985, e’ stata inserita nel Registro Nazionale dei Luoghi Storici.

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