Attualità
Cosa c'è di vero nella storia dell'ISIS e dell'invasione con i barconi
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2015-02-19
Un documento svelerebbe i piani dello Stato Islamico per l’utilizzo delle rotte dell’immigrazione clandestina per invadere l’Europa. Ma le cose non stanno davvero così e il foglio di propaganda non presenta piani né certezze
Un pezzo del Telegraph del 17 gennaio annunciava che l’ISIS avrebbe intenzione di utilizzare la Libia come rampa di lancio per partire alla conquista dell’Europa. In che modo? Con gli stessi barconi con i quali gli scafisti traghettano dalle coste libiche a quelle italiane le orde di disperati in fuga dagli orrori della guerra, della fame e della povertà. Della notizia se ne è accorto pure Matteo Salvini che ha prontamente denunziato l’inerzia del Governo italiano, ma come stanno davvero le cose?
LA LIBIA, UN NODO STRATEGICO PER L’ISIS
La fonte della notizia è un documento in arabo tradotto da Charlie Winter e pubblicato dalla Quilliam Foundation “Libya: The Strategic Gateway for the Islamic State”. Il testo non è un “documento ufficiale” del Califfato ed è stato redatto da un anonimo sostenitore dell’ISIS allo scopo di reclutare nuovi seguaci e di fare propaganda. Per questo motivo, spiega Winters, il testo è in arabo e non in inglese: quando vuole rivolgersi agli occidentali lo Stato Islamico lo fa utilizzando direttamente la lingua inglese. Libya: The Strategic Gateway for the Islamic State è quindi un documento “ad uso interno”, da far circolare tra i jihadisti e tra gli aspiranti tali ma non è un rapporto segreto.
L’IPOTESI DI UN’INVASIONE COI BARCONI
In poche pagine (undici in tutto) il testo enumera le motivazioni per cui la Libia può essere un punto cruciale della strategia di conquista del mondo islamico da parte delle truppe del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Secondo l’autore del documento infatti, solo pochi sostenitori dell’ISIS si rendevano conto dell’importanza cruciale rappresentata da un’eventuale conquista della Libia da parte dell’ISIS:
Unfortunately, some supporters do not recognise the extent of the Libyan arena, the proliferation of variant weaponry within it, its geographic dimensions and its critical environs. Sufficed to say, Libya looks upon the sea, the desert, mountains, and six states: Egypt, Sudan, Chad, Niger, Algeria and Tunisia.
In virtù dell’instabilità politica conseguente alla caduta del regime di Gheddafi, la Libia rappresenta un facile terreno di conquista per una forza ben organizzata e militarmente capace come l’esercito dello Stato Islamico. Tanto più che sul territorio libico operano già numerose fazioni jihadiste che sarebbero liete di unirsi alla causa dell’ISIS. La posizione geografica della Libia la rende uno snodo cruciale per l’espansione del Califfato in Nord Africa. E certo, il fatto che le coste libiche siano prospicienti a quelle dei “southern Crusader states” rappresenta sicuramente un bonus.
L’autore dedica un paragrafo alla possibilità di utilizzare le rotte dell’immigrazione clandestina per poter sbarcare sulle coste europee peraltro senza specificare quali (ma è ovvio che intende quelle italiane):
According to many [of these immigrants], it is easily possible to pass through Maritime Security Checkpoints and arrive in cities. If this was even partially exploited and developed strategically, pandemonium could be wrought in the southern Europe. It is even possible that there could be a closure of shipping lines because of the targeting of Crusader ships and tankers.
Questa ipotesi di usare la Libia per attaccare l’Occidente non è una novità, nel documento intitolato “The Islamic State 2015” si faceva anche riferimento alla possibilità di utilizzare l’arsenale missilistico libico per attaccare “Roma” e scontra però con altri aspetti della visione strategica globale dell’ISIS ovvero di procedere prima alla conquista dei territori del Califfato storico prima di sferrare l’attacco decisivo nei confronti dell’Occidente. L’interesse principale però, almeno stando a quanto scritto sta nella possibilità di attaccare i paesi confinanti. La Libia sarebbe infatti nella visione di chi ha redatto il documento “la chiave per la conquista dell’Egitto”. Insomma, all’ISIS farebbe comodo avere la possibilità di spaventare gli occidentali con la minaccia di un’invasione (o di un attacco missilistico) ma il vero obbiettivo è la conquista degli stati confinanti. Senza dimenticare che le operazioni in Libia aprirebbero un secondo fronte che potrebbe consentire di togliere un po’ di pressione sui territori conquistati in Iraq e in Siria. La Libia, scrive Winter nella sua analisi, potrebbe costituire un punto chiave per la difesa dello Stato Islamico in Siria e in Iraq, nelle parole dell’autore:
It is imperative that the mujahidin move to try to prevent the continuation of [the Crusader] plan and fix the differences between Libyans so that they may direct their energies towards the real enemy, the real tyrants, those who have as their masters the Crusaders. If that happens, which it will, if God permits it, then no force will stand in the way of the mujahidin. Not only will pressure on the land of the Caliphate in ash-Sham be relieved, but the territories of the Caliphate in ash-Sham, Iraq and Hijaz will be linked with those of their brothers in Libya and the Islamic Maghreb and the defeat of all regimes and tyrants in their way will be enabled.
LE ARMI LIBICHE
L’arsenale libico sembra però essere uno dei punti di maggiore interesse per l’autore che cita anche giornali occidentali (Newsweek e il canadese The National Post) per fornire i dati circa la quantità di armamenti ammassati negli anni da Gheddafi e che sarebbero a portata di mano una volta preso possesso del territorio. Per convincere i suoi che la Libia “vale lo sforzo” di una campagna militare e che bisogna agire in fretta il documento ricorda che “i crociati” hanno già fatto più di qualche tentativo per annientare o prendere il controllo dell’arsenale di Gheddafi:
However, for this dream to become a reality we must move quickly – partial commitment to the cause will not suffice. If we forget this military arsenal, we effectively surrender the weapons to the Crusaders. This has already been attempted. The first time was during the Libyan revolution when a State Department team, along with 14 technical experts, managed to find more than twenty thousand surface to air missiles in Libya.
In definitiva il documento non presenta piani strategici dettagliati per un’invasione via mare e sembra essere concentrato più sulla possibilità di mettere le mani sugli armamenti pesanti presenti il Libia. L’ipotesi di un’invasione con i barconi non è da sottovalutare ma sarebbe molto più preoccupante l’eventualità (molto meno remota) che l’ISIS riuscisse a mettere le mani sugli arsenali militari libici. Un evento di questo genere darebbe all’esercito del Califfato gli strumenti necessari per espandersi in Nord Africa e fronteggiare una futura coalizione internazionale che volesse intervenire in Libia per cacciare l’ISIS.