“Chi non fa il vaccino anti Covid rischia il licenziamento”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-12-24

Raffaele Guariniello in un’intervista sul Fatto spiega, citando l’articolo 279 del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro, che a suo avviso chi si rifiuterà di fare il vaccino anti COVID potrebbe rischiare il licenziamento

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Raffaele Guariniello in un’intervista sul Fatto spiega, citando l’articolo 279 del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro che impone al datore di lavoro di mettere a disposizione “vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico, da somministrare a cura del medico competente”, che a suo avviso chi si rifiuterà di fare il vaccino anti COVID potrebbe rischiare il licenziamento:

La legge però dice “mettere a disposizione”, non obbliga nessuno a vaccinarsi…
Vero, ma la stessa norma impone al datore di lavoro “l’allontanamento temporaneo del lavoratore ”in caso di inidoneità alla mansione “su indicazione del medico competente”. E come può il medico non esprimere un giudizio di inidoneità se il datore di lavoro, proprio su parere del medico competente, ha messo a disposizione il vaccino, poi rifiutato dal lavoratore?

In questo modo la sorveglianza sanitaria non rischia di danneggiare i lavoratori?
No, anzi, al contrario. La sorveglianza sanitaria non serve solo a tutelare il singolo lavoratore, ma anche tutti gli altri. La Corte Costituzionale lo ha ribadito più volte: la tutela della salute è un diritto dell’individuo e un interesse della collettività

Rimane il fatto che nessuno ha ancora obbligato il lavoratore “ribelle” a vaccinarsi…
No, ma qui arriviamo a un punto insidioso.

Quale?
La legge prevede l’o bbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo “ove possibile”. La Cassazione ritiene che tale obbligo di repechage (ripescaggio) non può ritenersi violato quando la ricollocazione del lavoratore in azienda non è compatibile con l’assetto organizzativo stabilito dall’azienda stessa. Insomma, il datore di lavoro è obbligato a predisporre misure organizzative per tutelare il lavoro, ma se questo non è possibile si rischia la rescissione del rapporto di lavoro.

Quindi per arrivare alla possibilità del licenziamento si devono verificare diverse condizioni: il datore di lavoro deve mettere a disposizione le dosi di vaccino e i lavoratori che lo rifiutano non possono essere ricollocati in mansioni diverse. Inoltre fino a quando ci sarà il blocco dei licenziamenti questa eventualità non sussiste. E per chi lavora in smart working non c’è pericolo. Ma il vaccino anti COVID secondo il vademecum AIFA “Sarà disponibile solo nei
presidi definiti dal Piano vaccini, non in farmacia”, quindi come potrebbe un datore di lavoro metterlo a disposizione dei lavoratori? Per quanto riguarda medici e operatori sanitari Repubblica approfondisce un elemento di riflessione:

Carlo Palermo, il segretario del sindacato più importante dei medici ospedalieri, l’Anaao, spiega di non aver sentito di colleghi che non intendono vaccinarsi. «Bisogna considerare che i medici e il personale sanitario in questi mesi hanno vissuto situazioni difficilissime, umane e professionali. Come potrebbero dire no al vaccino adesso?». Al momento solo l’Austria ha messo l’obbligo di vaccinazione, gli altri Paesi europei lo suggeriscono, adottando varie soluzioni. Le Regioni, si diceva, hanno raccolto le adesioni ed è stato un successo ma bisogna specificare che le prenotazioni non sono state prese. Quindi non è detto che tra i lavoratori non ci sarà qualcuno che si tirerà indietro al momento di fissare l’appuntamento. «Difficilmente, comunque, potremmo fare qualcosa per imporre la somministrazione senza una legge nazionale – spiegano da una Regione – E poi prevedere ad esempio delle penalizzazioni sul lavoro per chi non si vaccina non sarebbe molto lungimirante, perché vorrebbe dire fare a meno di professionisti, che in questo momento servono come il pane».

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