Chi erano i terroristi di Dacca

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-07-04

si tratta di tre giovani tra i 21 e i 27 anni, di buona famiglia e con un alto livello di istruzione, acquisita in università private. Secondo fonti ufficiali erano tutti membri di Jamaeytul Mujahedeen Bangladesh, un gruppo radicale locale bandito dal Paese da oltre dieci anni, “provenienti da famiglie agiate, con un livello di istruzione universitario” e “nessuno di loro proveniva da una madrassa”

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Amici, ex compagni di classe e altri conoscenti hanno iniziato a identificare tre membri del commando che venerdì sera ha preso d’assalto un ristorante di Dacca, in Bangladesh, facendo 20 vittime, tra cui nove italiani. Il riconoscimento è avvenuto con il contributo dei social media, dopo che Site, il gruppo di monitoraggio dei movimenti islamici sul web, ha pubblicato le foto di cinque uomini armati. Tutti i tre jihadisti identificati erano considerati scomparsi da qualche mese. I nomi forniti non coincidono con quelli riferiti la scorsa notte dalla polizia locale, che aveva presentato all’opinione pubblica cinque membri del commando solo come Akash, Bikash, Don, Badhon e Ripon. Secondo la nuova identificazione fatta da amici e conoscenti, comparando le foto pubblicate da Site e dalla polizia con quelle dei profili facebook, tre jihadisti risponderebbero ai nomi di Nibras Islam, Meer Saameh Mubasheer e Rohan Imtiaz. Secondo il Bangladesh Daily Star, che ha tuttavia precisato di non essere in grado di verificare direttamente l’attendibilità di queste identificazioni, si tratta di tre giovani tra i 21 e i 27 anni, di buona famiglia e con un alto livello di istruzione, acquisita in università private.

Chi erano i terroristi di Dacca

I jihadisti che hanno ucciso 20 persone, tra cui nove italiani, all’Holey Artisan Bakery – secondo il ministro dell’Interno Asaduzzaman Khan – “erano tutti membri di Jamaeytul Mujahedeen Bangladesh”, un gruppo radicale locale, bandito dal Paese da oltre dieci anni, “provenienti da famiglie agiate, con un livello di istruzione universitario” e “nessuno di loro proveniva da una madrassa”. Sul fatto che gli attentatori fossero tutti bengalesi, ormai, non ci sono più dubbi. Sulla loro reale identità resta invece ancora una grande incertezza. Un gruppo di osservatori di organizzazioni terrorische, Terrorism Monitor, ha identificato queste persone come Abu Omar, Abu Salmah, Abu Rahim, Abu Muslim e Abu Muharib al-Bengali. Ieri sera, pubblicando le loro foto, le forze di sicurezza locali, le hanno identificate solo con i nomi di Akash, Bikash, Don, Badhon e Ripon. Ma adesso, riferisce il Bangladesh Daily star, alcuni amici, ex compagni di classe e conoscenti avrebbero rivelato le generalità di tre di loro, comparando le foto publicate dalla polizia con quelle dei profili facebook. Si tratterebbe di Nibras Islam, Meer Saameh Mubasheer e Rohan Imtiaz, giovani fra i 21 e i 27 anni, provenienti da famiglie agiate e con un alto livello di istruzione, ottenuta in università private. Tutti hanno un minimo denominatore comune: erano scomparsi da alcuni mesi. Sull’ultimo dei tre ha raccolto alcune testimonianze il Corriere della Sera:

«Ricordo benissimo Rohan, siamo stati nella stessa classe per cinque anni. Un tipo riservato, calmo, sempre controllato. Non si eccitava neppure per lo sport. Io sono indù, lui musulmano. Per tanti nostri compagni la cosa era irrilevante. Ma per lui certo no. Apparteneva a quella categoria di abitanti del Bangladesh che dividono il mondo tra amici e nemici, tra musulmani e non musulmani». C’era nel suo comportamento qualche indizio di fanatismo? Cosa può averlo spinto a sgozzare tanti civili stranieri e poi battersi con la polizia sino alla morte? «Sinceramente no. Sono rimasto assolutamente sbalordito. Ricordo che appariva come combattuto da una tensione interiore, si controllava, ma sembrava come rabbioso, offeso. Non so proprio per quale motivo però. La sua è una famiglia ricca. Hanno una grande villa nel quartiere di Lalmatia. La madre, Zabeen, indossa il velo, ma è anche docente di matematica allo Scholastica.
Una donna affabile, aperta, sempre pronta ad ascoltare. Il padre è invece Imtiaz Khan Bablu, tra i massimi leader del partito di governo, Lega Awami, e della municipalità nella capitale. A me fa paura che un tipo come Rohan abbia scelto questa strada e con lui altri due studenti dei nostri. Sono contento di aver scelto di continuare gli studi a Londra. Qui il pensiero laico ha poche possibilità di successo. Se i figli delle nostre élite diventano terroristi islamici significa che è la fine di un progetto culturale». Verso sera proviamo a visitare la casa della famiglia per cercare il padre. Era lui stesso ad avere denunciato la sparizione del figlio il 30 dicembre scorso. Vorremmo chiedergli se era a conoscenza delle scelte militanti del giovane. Ma apre un parente che dice brevemente dalla porta socchiusa: «Non ci interessa parlare, andate via. Il padre di Rohan in ogni caso è in ospedale per un’operazione».

 

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Nibras Islam, Rohan Imtiaz, Mobbasher Hayat Mahmudeer: tre dei terroristi di Dacca (Corriere della Sera, 4 luglio 2016)

Giovani di buona famiglia con un alto livello di istruzione

Un altro presunto componente del commando identificato con un nome diverso rispetto a quello fornito dalla polizia sarebbe Meer Saameh Mubasheer. Anch’egli studente, prima di scomparire era stato avvistato l’ultima volta tra il 29 febbraio e il 1 marzo di quest’anno proprio nel quartiere di Gulshan, lo stesso della strage dell’Holey Artisan Bakery. Secondo i post pubblicati su Facebook nei giorni della sua scomparsa, Mubasheer si stava recando in una filiale dell'”Eminece”, un centro di formazione privato. Altre fonti riferiscono che aveva studiato alla Scholastica, una scuola d’inglese di Dacca per giovani benestanti. Il terzo giovane identificato attraverso testimonianze di amici ed ex compagni scuola sarebbe Rohan Imtiaz, figlio di Imtiaz Khan Babul, uno dei leader a Dacca dell’Awami league, il partito di governo della premier Sheikh Hasina. Rohan, come gli altri presunti membri del commando, sarebbe scomparso mesi fa. Il 21 giugno suo padre aveva pubblicato in un post una foto che li ritraeva assieme, chiedendo notizie del figlio. Anche Rohan, secondo alcune fonti, aveva studiato alla scuola di inglese Scholastica.

Una biografia molto simile è quella di Mobbasher Hayat Mahmud, a sua volta 22enne ex allievo di «Scholastica» e soprattutto figlio di un noto maggiore dell’esercito Mir Hayat Kabir. Anche nel suo caso un rampollo dell’establishment. «Finalmente la verità sta venendo a galla. Speriamo che almeno il massacro degli stranieri qui a Dacca sia utile per far squillare seriamente il campanello d’allarme. Occorre capire che Isis sta monopolizzando le menti e i cuori delle giovani generazioni scolarizzate nel nostro Paese. Pensavamo che sarebbe stato vero il contrario, che la buona scuola sia condizione necessaria e sufficiente per tenere lontano il terrorismo. Ma non è affatto così», afferma Mohammad Noor Khan, 55 anni, esperto di estremismo islamico. Lo incontriamo ormai a sera avanzata. Presso il luogo del massacro si è raccolta una piccola folla: candele, fiori, lettere di condoglianze con i nomi delle vittime italiane bene in vista. Oggi è prevista una manifestazione di solidarietà. Ai rari visitatori italiani la gente offre timidi sorrisi, parole di conforto. Tre giovani tedeschi recitano una breve preghiera con gli occhi arrossati, quindi spariscono nel traffico a bordo di un potente gippone.

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