Black Death: la modella inglese rapita e messa in vendita

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-08-05

Attirata in un finto set fotografico, drogata e sequestrata. Liberata dopo una settimana, fermato il carceriere. Le indagini portano sul deep web e su un (sedicente) gruppo organizzato su internet

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Una modella inglese ventenne è stata attirata in un finto set cinematografico nei pressi della Stazione Centrale di Milano: drogata e sequestrata è stata poi messa in ‘vendita’ forse a fini sessuali sul cosiddetto dark web partendo da una base d’asta in Bitcoin equivalente a circa 300 mila euro. Lo scrive il Corriere della Sera.

La modella inglese rapita e messa in vendita

Il sequestro si è verificato dall’11 al 17 luglio: la ragazza è stata rilasciata da uno dei suoi carcerieri, un anglo-polacco poi fermato dalla polizia e che avrebbe confessato. La giovane sarebbe stata liberata perché ha un figlio, cosa che andrebbe contro le regole dell’organizzazione. Non si è ancora capito se si sia trattato di un sequestro con contestuale truffa sul web a danno degli ipotetici acquirenti o se invece l’obiettivo fosse davvero un rapimento di neoschiavisti online del sesso. Di certo – si legge nell’articolo – è che la Squadra Mobile e la Procura antimafia del capoluogo lombardo procedono al momento per sequestro di persona a scopo di estorsione. E’ anche sicuro che la giovane è stata stordita con della ketamina, uno stupefacente molto pesante usato per esempio con i cavalli.

Solo nel tardo pomeriggio di ieri questa storia, ancora da scandagliare, ha il suo primo momento pubblico di emersione: l’«incidente probatorio» in Tribunale, davanti al gip Anna Magelli, per cristallizzare nel futuro processo al reo confesso carceriere (difeso dall’avvocato Cosmo De Rose) la deposizione della ragazza assistita dai legali del Consolato britannico, Daria e Francesco Pesce.
Perché, come emerge solo ieri, un uomo — appunto colui che tenevalaragazza nella casa — è stato fermato già il 17 luglio, con un provvedimento d’urgenza poi convalidato dalla gip Anna Campanile.

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Il gruppo Black Death

Dietro il rapimento c’è una sigla, che però per gli inquirenti per adesso non è detto che indichi un’organizzazione vera e propria. La sigla è Black Death e un rapporto ufficiale di Europol la accredita come organizzazione che sul «web profondo» metta all’asta giovani ragazze rapite per essere sfruttate sessualmente dagli acquirenti che offrano di più ai rapitori. Di Black Death nel dark web parlano ad esempio questo link su Reddit e questo articolo su Vice, che li descrive come un gruppo dedito alla vendita di «armi, droghe, bombe, omicidi, nuove identità, e traffichi illegali. C’è anche un feed di aggiornamenti che sembra andare indietro di anni. “Black Death arriva nel Deep Web,” recitava il sito in data 27 gennaio 2010. “E siamo qui per restare.” Inoltre, il sito ha l’aria di aver cambiato indirizzo diverse volte. “Lo facciamo ogni volta che attiriamo troppa attenzione,” spiegavano».
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Per il resto ci sono le risultanze dell’indagine.

L’auto del polacco,per cominciare, nel cui bagagliaio la Scientifica diretta da Roberto Giuffrida riesce in tempo record a ricondurre alla ragazza ostaggio un capello lungo, e un altro capello al ceppo familiare del carceriere. Poi l’organismo stesso della ragazza, nel quale i tossicologi riscontrano la presenza della ketamina, cioè della droga (molto pesante, ad esempio usata per i cavalli) iniettatale nel braccio con la siringa per stordirla al momento del rapimento.
Quindi i computer e telefoni del fermato, che non solo «confessano» le sue richieste di riscatto, ma svelano anche che proprio le sue mail criptate erano all’origine di gran parte del materiale online esaminato da Europol per redigere nel 2016 il rapporto sul fenomeno «Black Death», dietro il quale il polacco nell’unico interrogatorio sinora reso addita confusamente il ruolo di imprecisati hacker «romeni».E infine anche la casa presa in affitto dal polacco con un paio di migliaia di euro per imbastirvi il finto set in via Bianconi 7, dove non soltanto spuntano arredi identici a quelli ai quali appariva ammanettata la ragazza nelle foto annuncianti l’asta su Internet, ma nella quale soprattutto i genetisti rintracciano il Dna sia della ragazza sia dell’uomo.

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