Augusto Minzolini: decadenza di un senatore

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-11-13

In base alla Legge Severino l’ex direttore del Tg1 deve lasciare il Senato dopo la condanna definitiva per peculato. Ma lui non ci sta e attacca i giudici che lo hanno giudicato in appello. Perché tra loro c’era un sottosegretario di Napolitano

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È stata confermata la condanna a due anni e mezzo per peculato continuato nei confronti del senatore di Forza Italia Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1. Lo ha deciso la VI Sezione Penale della Cassazione rigettando il ricorso del giornalista e parlamentare. Confermata anche quindi l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena, come stabilito dalla Corte d’Appello di Roma il 27 ottobre 2014. In base alla legge Severino, scrive oggi il Corriere della Sera, ora Minzolini va verso la decadenza visto che la pena è superiore ai due anni di reclusione.

Augusto Minzolini: decadenza di un senatore

Minzolini, com’era prevedibile, non ha preso bene la condanna definitiva. E ha anche accusato uno dei giudici della sentenza d’appello, anche se oggi è arrivata quella della Cassazione. “Sono allibito. In appello sono stato condannato da un giudice che è stato sottosegretario con i governi Prodi e D’Alema. E’ come se Prodi o D’Alema dopo aver militato in politica per anni giudicassero Berlusconi – ha detto il senatore di FI -. Questo e’ il sistema giudiziario italiano. Sono stato assolto in primo grado e condannato in appello a una pena maggiore di quella che chiedeva l’accusa. Evidentemente c’è qualcuno che mi vuole vedere fuori dal Parlamento”.
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Il giudice che Minzolini chiama in causa è Giannicola Sinnisi, sottosegretario al ministero dell’Interno nel governo Prodi con Giorgio Napolitano ministro e poi nel governo D’Alema.
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Secondo l’accusa l’ex direttore avrebbe utilizzato in maniera impropria la carta che gli era stata fornita dall’azienda per le spese di rappresentanza, consegnando sì le ricevute ma senza giustificare il motivo delle spese per i pasti, per un importo di circa 65mila euro. “Minzolini era stato assolto dal tribunale di Roma in primo grado il 14 febbraio 2013 con la motivazione che non avesse consapevolezza di stare spendendo impropriamente denaro pubblico in quanto la stessa Rai gli aveva messo a disposizione la carta di credito che credeva una compensazione per l’esclusiva inserita nel contratto con la Rai. Era stato poi condannato dalla Corte d’Appello di Roma il 27 ottobre 2014. Da qui il ricorso in Cassazione presentato dal difensore dell’ex direttore, l’avvocato Franco Coppi. La somma è stata completamente rimborsata alla Rai. Forza Italia insorge. Tra i primi a criticare la sentenza è il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta: ”La condanna confermata in Cassazione contro il senatore di Fi Minzolini è grottesca: assolto in primo grado dall’accusa di peculato per aver addebitato alla Rai le spese fatte per fare il suo mestiere di direttore del Tg1, è stato condannato in appello in una Corte nella quale sedeva come giudice un avversario politico, un sottosegretario all’Interno del governo Prodi”. “Non è uno scherzo, è la verità! E questa sarebbe imparzialità e indipendenza della magistratura?”, avverte Brunetta. Sulla stessa linea Gabriella Giammanco, deputata forzista: “Esprimo sincera e totale solidarietà a Minzolini, vittima di un sistema giudiziario palesemente politicizzato che usa il machete della condanna per annientare chi non è allineato col suo pensiero. Cronista sempre professionale, Minzolini è colpevole solo di essere stato direttore del Tg1 durante lo scorso governo Berlusconi e di aver fatto con coraggio qualche editoriale ‘scomodo'”.

La condanna a Minzolini per le carte di credito

“Le spese sostenute a partire dal 2009 con la carta di credito della Rai sono state solo in funzione del mio lavoro” ha spiegato in precedenza. Tra le spese contestate un weekend alle terme di Saturnia da 550 euro a notte in “grand suite”, con una tariffa scontata di un terzo rispetto al listino ufficiale (pochi giorni prima il direttore del centro termale era stato ospite del Tg1). E poi diversi viaggi in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da Praga a Marrakesh, dove il direttore fu ospite del re del Marocco. La storia comincia con le note spese delle carte di credito presentate nel consiglio di amministrazione della Rai da parte di Mauro Masi, che aveva assunto Minzolini come direttore del Tg1 dopo la vittoria di Berlusconi alle elezioni. Dalle note si scoprì che Minzolini aveva speso quasi lo stesso importo di presidente e direttore generale insieme. Raccontava all’epoca Carlo Tecce sul Fatto:

Il Fatto Quotidiano ha consultato un foglio di trasferta a nome di Minzolini: un fine settimana in provincia di Grosseto, tra agosto e settembre, nello sfarzo delle Terme di Saturnia Resort. Minzolini ha soggiornato in stanze “Grande suite”, il massimo offerto da un albergo esclusivo: “Dedicato a chi cerca sempre l’eccellenza, Terme di Saturnia Spa & Golf Resort riserva due “Grand Suite” di recente realizzazione. Eleganza, design e ricercatezza nei dettagli caratterizzano queste suite di 75 metri quadrati ciascuna, composte da un ampio salotto con sala da pranzo, camera da letto matrimoniale, due cabine armadio e due bagni in marmo e travertino”. Chissà se la Rai ha approvato la fattura di Minzolini, di certo il direttorissimo ha ricevuto un prezzo di favore: 550 euro a notte, un terzo di una tariffa a listino con bagni turchi e sauna.
“Il signor Minzolini ha usufruito di una tariffa speciale, pattuita con l’amministrazione. Sono strappi alle regole che difficilmente possono ripetersi”, dicono dall’albergo. L’ex squalo de La Stampa, famoso per le sue spiate a Montecitorio, stavolta ha chiuso un affare. Forse avrà influito un servizio mieloso sulle Terme di Saturnia, in onda il 20 aprile scorso all’interno del Tg1: “Un paradiso in cui ritrovare serenità e la giusta armonia, decisivo per avere un viso perfetto”.

Il 14 febbraio 2013 è stato assolto in primo grado dalle accuse di peculato perché «il fatto non costituisce reato». Il 27 ottobre 2014 la sentenza di primo grado è stata ribaltata dalla terza sezione penale della Corte d’Appello di Roma che ha condannato l’ex direttore del TG1 Minzolini (nel frattempo diventato senatore di Forza Italia) a 2 anni e sei mesi per «peculato continuato» con «interdizione dai pubblici uffici per l’intera durata della pena». Poi la Cassazione, e adesso la decadenza con la Severino.

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