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L'ambulanza della morte a Catania

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-12-21

L’inchiesta sui malati terminali uccisi in ambulanza iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno e i loro corpi ‘venduti’ per 300 euro a agenzie di onoranze funebri

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Per le morti sospette all’interno delle ambulanze con la somministrazione di aria in vena con le iniezioni letali i carabinieri di Catania hanno arrestato un uomo di 42 anni. È accusato di omicidio volontario ai danni di tre persone anziane e malate, crimini che sarebbero stati commessi con l’aggravante di aver agevolato le attività illecite sia dell’associazione di tipo mafioso operante in Biancavilla e storicamente denominato clan “Mazzaglia-Toscano-Tomasello, sia dell’associazione di tipo mafioso operante ad Adrano denominato clan “Santangelo”.

L’ambulanza della morte a Catania

L’indagine convenzionalmente denominata “Ambulanza della Morte”, costituisce naturale prosecuzione della serrata attività intrapresa dalla Procura Distrettuale della Repubblica etnea e dai carabinieri di Paterno’ nel territorio del comune di Biancavilla ad un anno esatto dalle operazioni “Onda d’Urto e “Reset” che ha scardinato la locale compagine mafiosa, propaggine della famiglia di cosa nostra catanese Santapaola – Ercolano.
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L’inchiesta sui malati terminali uccisi in ambulanza iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno e i loro corpi ‘venduti’ per 300 euro a agenzie di onoranze funebri, e’ stata avviata meno di un anno fa dalla procura della Repubblica dopo le dichiarazioni di un pentito che alla trasmissione “Le Iene” aveva raccontato del caso. L’ipotesi accusatoria fu di omicidio. Secondo il collaboratore di giustizia, le morti avvenivano durante il trasporto dall’ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012 a ll’insaputa dell’ospedale e dei medici. Nell’immediatezza delle rivelazioni, i Carabinieri della compagnia di Paterno’, su delega dei magistrati della Dda etnea, acquisirono cartelle cliniche nell’ospedale.  “La gente non moriva per mano di Dio”, spiegò allora il collaboratore, ma per “guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50”. Secondo la sua ricostruzione, il malato terminale tornava a casa “siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia”, così i familiari non se ne accorgevano. Approfittando del momento di grande dolore proponevano l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, “poi gli facevano un regalino”, i 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che “erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza” e che i “soldi andavano all’organizzazione”.

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