Travaglio smentisce il Fatto (WTF?)

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Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi dedicato a Marcello De Vito è molto severo con il presidente dell’Assemblea Capitolina arrestato per corruzione, ma dice anche qualcosa di inaspettato:



L’arresto per corruzione di Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea capitolina, cioè del consiglio comunale della Capitale, è una notizia gravissima. E il fatto che non sia la prima volta–era già toccato nel 2015, per Mafia Capitale, a quello del Pd Mirko Coratti, poi condannato a 6 anni –non la sminuisce. Anzi, se possibile, la aggrava. Sia perché De Vito è un uomo di punta dei 5 Stelle, storico militante fin dalla loro fondazione, soi disant campione dell’onestà.

Faceva la morale alla sua acerrima nemica Virginia Raggi, che aveva il torto di averlo battuto alle primarie online nel 2016 e vinto le elezioni, diversamente da lui che le aveva straperse quattro anni prima. Accusava la Raggi e Daniele Frongia di avergli fatto la guerra a colpi di dossier, mentre si erano limitati a chiedere spiegazioni su alcune sue condotte opache, com’è giusto in un movimento che sbandiera la trasparenza. Ora, col senno di poi, si può dire che avrebbero dovuto approfondire meglio.



Travaglio parla di un dossier e dice che si sarebbe dovuto approfondire meglio quella storia. Ciò che Travaglio non dice è chi ha parlato per primo della storia e aveva tutti gli elementi, volendo per approfondire. Per aiutarlo nello sforzo di memoria bisogna tornare al primo luglio 2016, quando su un giornale che Travaglio magari ha sentito nominare da qualche parte – Il Fatto Quotidiano – un giornalista che magari Travaglio ha sentito nominare da qualche parte – Marco Lillo – ci raccontava la storia del seminterrato che divideva all’epoca Virginia Raggi e Marcello De Vito: nell’occasione il Fatto spiegava che Marcello De Vito era stato “vittima” di una campagna per farlo fuori orchestrata dai suoi tre colleghi in Campidoglio, ovvero Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno.

Il racconto del Fatto per ora è confuso (e non potrebbe essere altrimenti visto che ci si aspettano altre puntate sulla vicenda), la fonte dichiarata (non è detto che sia quella vera) delle informazioni sono “gli amici di De Vito” e tutto parte da un accesso agli atti effettuato dal consigliere il 19 marzo del 2015:  si avvale del potere concesso per legge ai consiglieri comunali per ottenere dagli uffici del comune notizie e informazioni riguardo una pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F. B. al quartiere Aurelio. Il 28 dicembre del 2015 i tre consiglieri organizzano una riunione con i consiglieri municipali in assenza di De Vito e lì lo accusano di aver compiuto “una serie di atti contrari alla buona amministrazione e un reato”. Chi ha vissuto indirettamente quel momento ha accettato di parlare con il Fatto e mostrare mail e sms. “I tre ex consiglieri –secondo quanto De Vito dirà ai suoi amici – affermavano che avrebbe compiuto il reato di abuso di ufficio in relazione ad una richiesta di accesso agli atti”. “Indubbiamente la cosa – secondo quanto de Vito confidava allora ai suoi amici – produceva l’esito sperato, molti consiglieri municipali si convincevano delle accuse e l’accusato non aveva modo di palesarne la totale falsità”.



La storia del dossieraggio su Marcello De Vito torna sul Fatto in altre occasioni e sempre più particolareggiata:

L’House of Cards all’amatriciana prosegue a gennaio, quando Frongia ha invitato De Vito a spiegare di nuovo la situazione; la riunione viene convocata il 18, davanti a una trentina di consiglieri municipali e regionali. Lì la polemica ufficialmente si chiude, anche se – racconta sempre Lillo – Paolo Taverna in una mail partita per sbaglio definisce quanto accaduto “uno squallido tribunale speciale” (invece quelli a cui sono sottoposti i parlamentari no? E le gogne senza possibilità di difendersi prima del voto sulle espulsioni sul blog cosa sono invece?).

E presto si arricchisce anche di altre narrazioni, come quella sul collaboratore Claudio Ortale. Vengono indagate due persone e poi il Gip archivia tutto. Si sarebbe dovuto approfondire meglio, dice oggi Travaglio. Capito, Lillo?

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