Il governo neutrale di Sergio Mattarella è il naturale finale di partita della crisi politica aperta dalle elezioni del 4 marzo e dall’impossibilità di trovare un accordo per un governo politico. Ma il percorso dell’esecutivo che il presidente della Repubblica vuole mettere in campo per non far gestire le urne a un governo “di parte” – come sarebbe quello di Gentiloni, nel frattempo senza fiducia, o un esecutivo di centrodestra sfiduciato in Parlamento – si è scontrata con l’opposizione della Lega e del MoVimento 5 Stelle, che da ieri sono in campagna elettorale in quello che considerano il ballottaggio del voto del 4 marzo.
È quindi facile pronosticare che il governo neutrale di Mattarella non otterrà la fiducia in Parlamento, anche se in teoria i maggiori schieramenti potrebbero consentirne il varo con pieni poteri attraverso l’astensione, che dopo il cambio di regole a Palazzo Madama vale ugualmente per Camera e Senato. Ma ad oggi questa è soltanto un’ipotesi visto che invece Salvini e Di Maio – con Di Battista a parlare di traditori della Patria… – hanno già preventivamente bocciato l’opzione. Marzio Breda, quirinalista del Corriere che ha anticipato le mosse del presidente in questi giorni di crisi, spiega:
Prima opzione: dare vita a un esecutivo«neutrale», «di servizio» e garanzia, con pieni poteri, fino a dicembre. Se non sarà sostenuto dalla fiducia del Parlamento,eccola seconda opzione, l’alternativa sarà di votare in autunno. Oppure, terza opzione, addirittura in piena estate, a fine luglio, il 22. Con il rischio però di arrivarci con la stessa legge elettorale che ha prodotto la traumatica instabilità di adesso e lasciando inevasi certi acuti problemi del Paese.
Si apre così una fase estrema e carica di incognite,con i peggiori scenari che il Quirinale immaginasse. Il varo di un esecutivo che, nonostante abbia l’impronta del presidente, appare predestinato alla sfiducia e, contestualmente, un rapidissimo scioglimento delle Camere. Insomma: un governo che nascerà morto così com’è morta già prima di nascere la stessa legislatura. E senza chance di una rianimazione in corso d’opera, considerando che con ogni probabilità si tornerà alle urne a luglio inoltrato.
Naturalmente è già scattato il totopremier per il nome che dovrà guidare l’esecutivo composto da personalità che dovranno prendere l’impegno davanti al Quirinale di non candidarsi alle prossime elezioni, a differenza di quanto fatto da Mario Monti nel 2013. Chi sarà il presidente del Consiglio del governo neutrale? Il Corriere della Sera spiega stamattina che tra i nomi che circolano c’è quello di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina con una lunghissima esperienza alle spalle, e che potrebbe però anche andare al ministero degli Esteri. Altro profilo ricorrente per la casella del premier è quello dell’economista Carlo Cottarelli, che dirige l’Osservatorio sui conti pubblici e che nel 2013 approdò in area di governo con Enrico Letta, come commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, per poi mollare quando arrivò Renzi.
E ancora: tra i nomi del possibile presidente del consiglio del governo “neutrale” di Mattarella c’è Marta Cartabia, giudice costituzionale, Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato, l’economista Lucrezia Reichlin e Guido Tabellini. E ancora: ci sono Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia, e Dario Scannapieco, uno dei «Ciampi boys» oggi vicepresidente della Banca europea degli investimenti (Bei).
La Stampa fa il nome di Enzo Moavero Milanesi, “che dal 2002 al 2005 è stato vice segretario generale della Commissione europea, e oggi è professore di Diritto dell’Unione europea presso la School of Government dell’università privata Luiss. Moavero Milanesi è uno dei pochissimi in Italia che conosce a fondo i meccanismi dell’Unione europea, dove è stato capo di gabinetto dell’allora commissario Mario Monti. Per paradosso, però, proprio la sua lunga militanza a Bruxelles è un handicap per chi non sopporta gli eurocrati. E poi, per sovrappiù di antipatie di quella parte, è stato anche sottosegretario agli Affari europei con Ciampi, poi ministro agli Affari europei con Monti e con Enrico Letta”.
Goffredo De Marchis su Repubblica invece spiega che l’obiettivo di Mattarella è nominare una squadra di ministri che metta in difficoltà i grillini e la Lega. Nomi giusti per seminare un po’ di panico tra i parlamentari dei due partiti “semivincitori” complice anche la scarsa voglia di mollare lo scranno a pochi mesi dall’elezione. E traccia l’identikit del presidente del Consiglio ideale del governo neutrale:
Il nuovo presidente del Consiglio deve avere tra le sue competenze le materie economiche. Se l’auspicio del Quirinale è che arrivi fino a dicembre per varare la legge di bilancio, è necessario che questo sia il suo campo. Occorre qualcuno o qualcuna che sappia come sterilizzare le clausole di salvaguardia in modo da scongiurare l’aumento dell’Iva. Secondo requisito: deve avere un profilo europeo. Non a caso, il presidente della Repubblica ha ricordato il consiglio Ue di fine giugno in cui si discuterà il bilancio dell’Unione (quello post Brexit, quindi lacrime e sangue) e le nuove misure per l’immigrazione.
C’è un altro passaggio internazionale che prevede uno standing adeguato: il G7 in Canada all’inizio del prossimo mese. Appuntamento meno decisivo per le sorti dell’Italia (anche se si parla di dazi) ma nel quale conta molto la foto con i grandi della terra. Un minimo di notorietà internazionale non guasterebbe al momento dello scatto accanto a Trump e Merkel. Il terzo requisito invece ci riporta nella palude italiana e nel caos prodotto dal voto del 4 marzo. «Cerchiamo una persona che non si faccia intimidire dalle aule parlamentari», dicono al Colle. Che sappia gestire il dibattito sulla fiducia con i tre quarti delle Camere contro. Che non si spaventi nel caso i voti a disposizione fossero davvero pochi, se non pochissimi. Che accetti una bocciatura sonora e interventi al limite del turpiloquio.
L’enigma porgerebbe essere sciolto nelle prossime ore o al massimo entro un paio di giorni. Poi comincerà il fuoco di fila in attesa del dibattito alla Camera e al Senato e del voto. A perdere, ma con l’obiettivo di vincere nel lungo periodo. O di lasciare almeno una buona impressione mentre le forze politiche daranno il peggiore spettacolo di sé.