Il concordato illegale di ATAC

Categorie: Economia, FAQ

Le accuse della procura sul procedimento avviato dal M5S per la municipalizzata dei trasporti: il 30 maggio l'ultimo step. Intanto ballano i 12,7 milioni di euro di compensi ai commissari

Il 30 maggio si saprà se in extremis la dirigenza di ATAC è riuscita a portare ai giudici un piano credibile di risanamento della municipalizzata dei trasporti oppure se si andrà verso il fallimento, a dispetto dei dodici milioni di euro pagati ai consulenti per stilarlo. Ma già oggi i giudizi della procura di Roma pesano come un macigno: «La proposta formulata pone problemi di legalità e non dà sufficienti garanzie sulla fattibilità del piano. In particolare, l’attestazione risulta carente o del tutto insufficiente».



Il tribunale fallimentare e il concordato ATAC (Corriere della Sera, 24 marzo 2018)

Nel decreto scritto dal giudice relatore Lucia Odello, ci sono le contestazioni mosse dai pm Stefano Fava e Giorgio Orano, delegati agli affari civili di Piazzale Clodio, che svelano i numerosi svarioni commessi nella stesura del piano concordatario sia dal management di Atac sia dai superpagati consulenti esterni. A parlarne oggi è Repubblica Roma.

A partire proprio dai «costi di svolgimento della procedura». Stimati in oltre 12,7 milioni di euro, quasi 10 dei quali solo per i compensi dei commissari giudiziali. Scrivono i pm: «Una simile previsione risulta sproporzionata rispetto all’oggetto dell’incarico conferito e lesiva degli interessi dei creditori». Perché calcolata infatti sulla base del passivo aziendale (1,6 miliardi) e non sulla liquidazione delle somme stabilite per i creditori (357 milioni).



Non solo. «Fra i dubbi legittimi», per la Procura, c’è anche «quello della reale incisività delle misure previste nel piano industriale per il rilancio e il recupero della redditività dell’azienda». Sotto tale profilo per i magistrati parla l’analisi economica: dal 2010 al 2016 Atac ha perso ogni anno più di 100 milioni di euro con la sola eccezione del 2015. Gli interventi previsti da Simioni & Co sarebbero dunque pannicelli caldi.

Il concordato ATAC, all’inizio perorato persino da sindacalisti grillini doc come Micaela Quintavalle di Cambia-Menti, ha finito per infrangersi contro le contestazioni dei giudici che individuano anche molti punti “oscuri”, come la perdita di 212 milioni di euro, registrata nel 2016, «dovuta ad una massiccia svalutazione di crediti» che Atac vantava nei confronti del socio unico Campidoglio. Dovuti ai rimborsi e ai rinnovi del contratto collettivo nazionale del personale, frutto di un contenzioso risalente nel tempo. Una scelta «poco chiara» e persino sospetta, secondo i magistrati. Che «si ripete, o si ripercuote, anche sui prospetti del piano industriale, posto che non è dato comprendere se gli stessi risentano ancora delle valutazioni giuridiche alla base delle azioni giudiziali che Atac ha ancora in corso nei confronti della sua controllante».



Il post di Virginia Raggi che annuncia il concordato preventivo per ATAC

E c’è di più: ovvero, la perizia sulle tre rimesse e i tre terreni da dismettere che facevano parte del piano di risanamento proposto da Marco Rettighieri poi rifiutato dalla Giunta grillina e che sono ritornati dopo il suo allontanamento: «Assolutamente inidonea a fornire al tribunale e ai creditori le necessarie informazione», rilevano ancora i pm.

Per una serie di ragioni. Tra cui il fatto che è basata «esclusivamente su un sopralluogo esterno della proprietà; riferisce in termini generali di analisi e valutazioni senza esplicitare come si sia arrivati alla stima del singolo bene; manca di qualsiasi accertamento urbanistico». Per questo l’attestazione, che chiama il causa il commercialista Matteo Costantini, «rivela tutta la sua carenza laddove recepisce i valori indicati senza alcuna ulteriore verifica». E quindi «non si è in grado di valutare non solo l’adeguatezza delle stime proposte, ma nemmeno se tali beni immobili, costruiti per l’esercizio del servio Tpl e però ritenuti non più strumentali, possano essere realmente appetibili ad un ipotetico acquirente e dunque commerciabili in assenza di un processo di trasformazione e riconversione dai tempi prevedibilmente molto lunghi e irto di problematiche urbanistiche, economiche e ambientali».

Di Marco Costantini avevamo già parlato tempo fa, raccontando di AMA Servizi Ambientali e di un’attestazione all’epoca contestata dal tribunale. Oggi la storia si ripete.

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