Domenico Magnetta, lo speaker di Radio Padania e la pistola dell’omicidio Pecorelli

A quasi quarant'anni di distanza la Procura di Roma ha deciso di riaprire l'inchiesta sull'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Anche questa volta si va alla ricerca dell'arma del delitto, e una testimonianza punta dritto verso il Presidente del PIU, il sindacato leghista delle partite iva, Domenico Magnetta amico di Carminati e Flavio Tosi e speaker di Radio Padania

Il 20 marzo 1979 veniva assassinato a Roma il direttore di OP Mino Pecorelli. I colpevoli e i mandanti non sono mai stati identificati e nessuno ha mai pagato per quell’omicidio. Ieri la Procura di Roma ha deciso di riaprire le indagini sulla morte di Pecorelli. Lo ha fatto in seguito alle richieste della sorella del giornalista, Rosita, che tramite il suo legale a gennaio aveva presentato un’istanza per la riapertura del caso in base ad una dichiarazione rilasciata nel 1992 dall’ex terrorista di Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra.



Il mistero dell’arma usata per uccidere Pecorelli



Tutto ruota attorno all’arma usata per uccidere Pecorelli. La pistola non venne mai ritrovata e le indagini si concentrarono su un aspetto particolare: i proiettili con cui venne assassinato il giornalista erano dei Gevelot calibro 7.65. Una marca difficile da reperire, anche sul mercato nero. Alcune munizioni di marca Gevelot dello stesso calibro utilizzato nell’agguato a Pecorelli furono ritrovati nell’arsenale della Banda della Magliana al Ministero della Salute.



Oltre agli esponenti della Banda a quel deposito avevano accesso, secondo il pentito Maurizio Abbatino, solo Danilo Abbruciati e il terrorista dei NAR Massimo Carminati. Abbatino poi esclude che quelle munizioni potessero appartenere alla Banda perché «il nostro munizionamento, anche del tipo 7.65 (usato solo per scopo di difesa personale e mai per operazioni) era acquistato presso normali armerie e, quindi, di fabbricazione recente».

Un selfie di Domenico Magnetta con il ministro Toninelli, incontrato in treno [Fonte]

Abbruciati è morto nel 1982 mentre Carminati è stato assolto nel 2003 dall’accusa – basata sulle testimonianze di due pentiti poi ritenuti “non attendibili” – di aver ucciso Pecorelli. Si arriva così alla testimonianza resa da Vinciguerra il 27 marzo 1992, all’epoca detenuto nel carcere di Parma. Al magistrato magistrato Guido Salvini Vinciguerra rivelò di aver saputo da un altro detenuto che «Magnetta [Domenico Magnetta, un estremista di destra NdR] si stava comportando male in quanto gli aveva fatto sapere che o veniva aiutato a uscire dal carcere o lui avrebbe consegnato le armi in suo possesso fra cui la pistola che era stata utilizzata per uccidere il giornalista Mino Pecorelli…». Successivamente il 4 aprile del 1995, durante le indagini sulle testimonianze di Tommaso Buscetta, in seguito ad una perquisizione nella macchina di Magnetta (trasferitosi nel frattempo a Milano) gli inquirenti trovarono diverse armi tra cui una pistola Beretta calibro 7.65. Lo stesso tipo di arma da cui sono stati sparati i quattro colpi che hanno ucciso Pecorelli.

Chi è Domenico Magnetta, l’ex estremista di destra diventato speaker di Radio Padania

Ma che ha a che fare Magnetta con l’omicidio Pecorelli? Al momento nulla. Ma Magnetta era uno dei avanguardisti che il 20 aprile 1981 accompagnavano Massimo Carminati durante il suo tentativo di fuga in Svizzera che si concluse con l’arresto dei tre ad un posto di blocco a Gaggiolo (Varese). Fu proprio in quell’occasione che Carminati venne ferito all’occhio sinistro da un colpo esploso dai poliziotti. E da quella menomazione viene il soprannome con cui il terrorista dei NAR è conosciuto: “Er Cecato”. Magnetta sarà condannato per favoreggiamento e, nel 1999, viene condannato a tre anni e dieci mesi dalla Corte di appello di Milano per detenzione abusiva di armi e ricettazione. Dopo essere passato ai domiciliari nel 2001 Magnetta tornerà in libertà nel 2003.

Ai microfoni di Radio Padania Libera – l’emittente radiofonica della Lega Nord di cui Matteo Salvini è stato direttore dal 1999 al 2013 – Domenico “Mimmo” Magnetta si presenta come “rappresentante sindacale del PIU”. Il PIU, sigla che sta per Professionisti Imprenditori Uniti (da non confondere con il PIU fondato da Gaetano Balsamo), è un associazione che si occupa della difesa dei diritti del popolo delle Partite Iva. Il PIU, spiega Magnetta che anche due giorni fa era in onda su Radio Padania all’interno del programma “spazio PIU”, ha sede nel palazzo di Via Bellerio dove ha sede la Lega. Niente di strano visto che il PIU è nato oltre vent’anni fa per iniziativa di Umberto Bossi e Roberto Maroni e Magnetta oggi ne è il Presidente.

Magnetta con la sindaca di Cascina Susanna Ceccardi (Lega) durante il raduno della Lega a Pontida del 2017

Tra le battaglie del PIU ce n’è una che sta molto a cuore alla maggioranza Lega-M5S, quella contro la direttiva Bolkestein in difesa degli ambulanti. L’amico di Carminati, l’uomo che aiutò il boss di Mafia Capitale a fuggire è oggi un uomo di 57 anni che si occupa di battaglie contro Equitalia o contro l’istituzione dell’Area B a Milano. Non solo, Magnetta è amico dell’ex sindaco di Verona (ed ex leghista) Flavio Tosi al punto di averne sostenuto il tentativo – fallito – di scalata al partito. E che Tosi abbia più di qualche simpatia nei confronti degli ambienti neofascisti è cosa nota. Ma è proprio grazie all’attività del PIU e quindi alla Lega Nord che un personaggio controverso come Magnetta ha potuto trovare una nuova missione e farsi una nuova vita. Chissà, forse è il modo che ha la Lega per garantire la sicurezza degli italiani.

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