Salvini è fatto così: se la Procura di Bergamo convoca Fontana è una vergogna, se chiama Conte «giustizia è fatta»

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Il Capitano chiude l'inchiesta di Bergamo condannando Conte, Speranza e Lamorgese per la storia della mancata istituzione della zona rossa. Peccato che due settimane fa dicesse il contrario. E che si capisca benissimo perché è così nervoso: basta riepilogare i fatti. Eccoli

Oggi il Corriere della Sera ha scritto che i pm di Bergamo sentiranno, come persone informate sui fatti (ovvero: come testimoni), il premier Giuseppe Conte e i ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Luciana Lamorgese. Secondo quanto scrive il quotidiano l’audizione, che potrebbe essere anche fatta a Roma, verterà sulla mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo.



Salvini e la giustizia che è fatta se ascoltano Conte a Bergamo

Come sappiamo, sulla storia della mancata istituzione della zona rossa i magistrati hanno già ascoltato Giulio Gallera e Attilio Fontana – che è stato oggetto di una contestazione dopo la sua testimonianza – e in particolare l’assessore al Welfare al pool di magistrati che indagano per epidemia colposa nel territorio più martoriato dal Coronavirus ha ribadito: «Noi aspettavamo Roma, fino all’inizio di marzo avevamo sempre proceduto d’accordo con il governo su quel tipo di provvedimenti». Gallera, come ha scritto all’epoca il Corriere, ha però anche confermato ai pubblici ministeri di aver verificato, tempo dopo, che anche la Regione avrebbe potuto procedere alla chiusura di sua iniziativa: «Ma in quella fase ci eravamo sempre relazionati con l’esecutivo e con l’Istituto superiore di sanità».



L’audizione di Conte, Speranza e Lamorgese, come testimoni, era già stata ipotizzata dopo la deposizione dello scorso 29 maggio davanti ai pm bergamaschi che indagano sul caso dell’ospedale di Alzano, sui morti nelle Rsa e sulla mancata istituzione della zona rossa, del presidente della Lombardia Attilio Fontana e il giorno precedente dell’assessore al Welfare Giulio Gallera. Il procuratore di Bergamo facente funzione. Maria Cristina Rota, aveva detto pubblicamente che l’istituzione della zona rossa nella Bergamasca avrebbe dovuto essere “una decisione governativa”. Ora, attenzione: il leader della Lega Matteo Salvini, che non ha per niente la coda di paglia sulla questione, presenta l’audizione annunciata di Conte, Lamorgese e Speranza scrivendo su Twitter: «Dopo tante menzogne e attacchi vergognosi, giustizia è fatta: chi ha sbagliato deve pagare».

Cosa diceva Salvini quando volevano sentire Gallera e Fontana

E come prese il 29 maggio scorso (ovvero nemmeno due settimane fa) Salvini l’audizione di Gallera e Fontana? Leggete la dichiarazione che ha rilasciato a Rainews: «Da cittadino lombardo preferirei che il mio governatore Fontana fosse in ufficio ad occuparsi di bambini, di famiglie e non andare a ripetere per la trentasettesima volta le stese cose in Procura a Bergamo. E’ vergognoso che venga convocato, potranno chiedergliele con calma dopo». E poi il botto clamoroso: «Risulta che sia convocato in qualche Procura il presidente del Consiglio, viso che la sicurezza nazionale e la zona rossa dipendeva e dipende ovviamente dal governo nazionale? No, giustamente dico io. Lasciano lavorare lui, lasciassero lavorare gli altri».



Sembra incredibile ma appena il 29 maggio scorso Salvini concordava con il PM che doveva lasciar lavorare Conte, Gallera e Fontana; oggi che Conte viene convocato (ripetiamolo: convocato come testimone) urla che giustizia è fatta. Non è strano? Eppure Salvini da molto tempo è nervoso se si apre un’inchiesta sugli ospedali di Bergamo. “Leggevo di un’indagine sull’Ospedale di Alzano Lombardo così come è stato a Codogno. Se posso fare un appello: non è il momento di mandare inchieste sugli ospedali lombardi, lasciamo che medici e dirigenti lavorino. Anzi onore a chi è in trincea, io più che un’inchiesta dei Nas o un fascicolo della procura avrei mandato medaglie”, ha detto lo scorso aprile.

Il nervosismo di Salvini su Bergamo e le parole di Gallera e Fontana

Facendo un chiaro riferimenti ai “dirigenti” proprio mentre la Lega con un emendamento di cui lui era primo firmatario voleva salvare proprio i dirigenti della sanità lombarda. Certo, magari l’emendamento di Salvini non c’entra nulla con il fatto che molti, moltissimi dei dirigenti nominati nella sanità lombarda e bergamasca in particolare erano stati etichettati proprio in quota Lega. L’inchiesta, tra l’altro, dovrà anche capire come sia maturata la decisione del 23 febbraio di chiudere e poi riaprire subito il pronto soccorso dopo il ricovero dei primi pazienti positivi. Una decisione che non ha preso il governo.

La Lega e le nomine negli ATS e negli ospedali lombardi (Il Fatto, 8 aprile 2020)

Intanto vale la pena anche ricordare che a legge 883 del 1978 (“Istituzione del sistema sanitario nazionale”) stabilisce che la competenza è tanto del ministro della Salute (“può emettere ordinanze di carattere contenibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica”) quanto delle Regioni e dei Comuni (“Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contenibile e urgente,con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più Comuni, e al territorio comunale”).

Questo invece è quello che il direttore del Fatto Marco Travaglio ha ricordato il 31 maggio scorso a proposito delle altre zone rosse istituite in Italia in quel periodo:

Infatti il 22 febbraio, all’indomani dell’esplosione dei primi due focolai italiani a Codogno (Lodi, Lombardia) e Vo’ Euganeo (Padova, Veneto), il governo centrale sigilla Vo’, Codogno e altri 10 comuni del Lodigiano. Lo stesso giorno scoppia il contagio all’ospedale di Alzano (Bergamo, Lombardia), ma né la Regione né il Comune fanno nulla. Anzi l’Ats (dellaRegione) fa chiudere e riaprire dopo tre ore l’ospedale, senza sanificarlo. E senza dire nulla né al ministero della Sanità né ai malati e ai parenti, che entrano ed escono ignari di tutto. Così la bomba deflagra anche sui comuni vicini (Nembro ecc.).

Oggi Fontana e Gallera, i Ric e Gian della cosiddetta sanità lombarda, raccontano la favola della Regione che voleva chiudere la Val Seriana ma non poteva, mentre il governo poteva ma non voleva. Tutte balle. Il 26 febbraio Gallera dichiara: “In Val Seriana i numeri sono non trascurabili, ma è presto per dire se siano tutti legati al contagio di un medico del pronto soccorso di Alzano. Situazione, questa, che abbiamo già individuato e sottoscritto”(o “circoscritto ”?). Intanto, in perfetta corrispondenza di amorosi silenzi, la Confindustria bergamasca lancia la campagna “Bergamo is running”.

La cronaca dei fatti successivi dimostra inequivocabilmente che Fontana e Gallera non avevano alcuna intenzione di istituire quella zona rossa:

Il 29 febbraio riecco Gallera: “Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno nell’ordinanza che abbiamo preso, Alzano compreso”. Il 2 marzo, col record nazionale dei contagi in Val Seriana, la Regione è sempre zitta e immobile al servizio degli industriali, mentre a Roma si muove l’Istituto superiore di sanità, raccomandando al Comitato tecnico-scientifico la zona rossa a Nembro e Alzano. Il 3 marzo il documento giunge sul tavolo del premier Conte, che chiede un approfondimento al ministro Speranza e al Comitato. Il 6 marzo centinaia di poliziotti, carabinieri e militari perlustrano la Val Seriana in vista della zona rossa.

Ma vengono richiamati, probabilmente dal Viminale, perché Conte ha ormai deciso di chiudere l’Italia intera in “zona arancione ”: cosa che fa la sera del 7 marzo. A quel punto Fontana comincia a raccontare di aver “chiesto a Conte la zona rossa” perché “io non ho titoli a (sic, ndr) bloccare un diritto costituzionalmente protetto”. E invece li ha in base alla legge 833/1978, come dovrebbero sapere lui (così geloso dell’autonomia lombarda) e a maggior ragione Gallera, visto che quella legge disciplina i poteri degli assessori regionali alla Sanità rispetto allo Stato.

Infine, c’è il video dell’illuminazione di Gallera sulla zona rossa:

E queste sono le altre zone rosse istituite da altri governatori in Italia durante quel periodo, ben 47: una l’Umbria,2 l’Emilia Romagna (più 70 zone arancioni, esclusa purtroppo Piacenza), 5 il Lazio, 3 la Campania, 12 l’Abruzzo, 5 il Molise, 4 la Basilicata, 11 la Calabria, 4 la Sicilia. Adesso si capisce perché Salvini è così nervoso, no?

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