Pensioni, per il governo l’uscita a 62 anni costa troppo

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Il problema era ed è sempre lo stesso: i costi. Già all’epoca del governo Gentiloni quota 41 era stata scartata perché costosissima. E qualcuno — tra governo e Pd — considera anche la controproposta del sindacato (che pure contempla quota 41) infattibile per via dei costi

Ieri abbiamo parlato del piano dei sindacati per le pensioni che prevede l’uscita a 62 anni. Oggi arriva lo stop del governo: a parole tutti vogliono risolvere lo scalone di Quota 100 e riscrivere la Fornero. Ma quando si passa ai fatti, Italia Viva insiste per cancellare Quota 100, difesa dagli altri. E non disdegna le proposte più forti, come quella di Brambilla — già consigliere della Lega — di ricalcolare con il contributivo gli assegni di chi vuole uscire prima, a 64 anni con 36 o 38 di contributi. Spiega Valentina Conte su Repubblica:



Il problema era ed è sempre lo stesso: i costi. Già all’epoca del governo Gentiloni quota 41 era stata scartata perché costosissima. E qualcuno — tra governo e Pd — considera anche la controproposta del sindacato (che pure contempla quota 41) infattibile per via dei costi. Scasserebbe i conti del Paese, si ragiona. Sia come sia, il tema è sentito. «Diciamo stop a Quota 100 subito, per evitare di alimentare aspettative tra i lavoratori che nel 2021 si tradurranno in una corsa insostenibile all’uscita», ragiona Luigi Marattin, deputato di Iv. «Non è accettabile dimezzare l’anzianità contributiva e abbassare l’età addirittura a 62 anni, come propongono i sindacati. Ma certo i lavori non sono tutti uguali. Rivediamo allora l’Ape sociale, allarghiamola, rendiamola strutturale per consentire la giusta flessibilità a chi ne ha bisogno. Un operaio non può essere trattato al pari di un dirigente».



Tommaso Nannicini, senatore pd, pensa invece che un compromesso sia possibile giocando sulle quote. Il suo disegno di legge propone un’uscita a 64 anni con 20 di contributi, ma ricalcolo contributivo. «Se vuoi la flessibilità, la paghi», dice. Propone anche «una super Ape rafforzata a quota 92 — 62 anni e 30 di contributi — per le fasce deboli». Oltre a «una pensione contributiva di garanzia per i giovani e una pensione di cura per le donne con sconti contributivi per i figli o il lavoro di assistenza». Stefano Fassina, deputato di Leu invita a guardare «non solo alla sostenibilità dei conti, ma anche a quella sociale».

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