Vi ricordate le mascherine pannolino di Regione Lombardia? Nel pieno dell’emergenza ne erano stati acquistati 18 milioni di pezzi, pagati dalla Regione la bellezza di 8 milioni di euro. Soldi dei lombardi, come ci tengono spesso a sottolineare da quelle parti. Ma alla fine il 90% delle Fippi “made in Lombardia” sono rimaste negli scatoloni, perché praticamente nessuno ha deciso di utilizzarle in quanto «troppo scomode da indossare».
Le mascherine-pannolino di Regione Lombardia erano state oggetto di un esposto dei Cobas che aveva portato all’apertura di un’inchiesta per frode. La Guardia di finanza che sta lavorando al fascicolo aperto a maggio dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio ha scoperto che il novanta per cento di tutte quelle mascherine di tessuto non tessuto (tnt) sono rimaste negli scatoloni e praticamente nessuno ha deciso di utilizzarle perché troppo scomode da indossare. Spiega oggi Repubblica Milano:
La Regione aveva acquistato in totale 18 milioni di pezzi pagandoli 8 milioni di euro (45 centesimi ciascuna), nell’ambito di una delle molte operazioni di approvvigionamento gestite da Aria, la centrale acquisti del Pirellone. Durante i mesi più duri dell’emergenza sembravano essere una valida soluzione, al punto che era stato interpellato anche il Politecnico affinché valutasse la qualità delle mascherine-pannolino: ne era nato un braccio di ferro tra Regione e Istituto superiore della sanità — una delle molte tensioni sorte in quel periodo — sulla tempistica per avere le autorizzazioni, visto che l’ateneo ne aveva certificato la qualità e mancava solo un ultimo step da Roma. Il lungo iter per l’approvazione infatti prevedeva due passaggi diversi: prima i test fatti dal Politecnico che valutavano l’effettiva efficacia protettiva del tessuto, poi un secondo controllo per la certificazione. Dopo l’agognato via libera dell’Iss che autorizzava la distribuzione — arrivata solo il 4 aprile, dopo diversi giorni di pressanti richieste — le mascherine-pannolino sono rimaste però praticamente inutilizzate.
Tra le strutture che avevano ricevuto gli scatoloni senza quasi utilizzare le mascherine, anche l’Ospedale di Busto Arsizio e il Niguarda. Dalla vicenda, al contrario di quanto ipotizzato nell’esposto, non sembrano per ora emergere rilievi di carattere penale. Ma la Corte dei Conti potrebbe essere al più presto interessata alla questione.