Cosa accadrà dopo che il M5S non voterà la fiducia al governo Draghi: tutti i possibili scenari

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L'ufficialità è arrivata con l'annuncio di Giuseppe Conte. La crisi di governo è iniziata, ma ci sono molte possibili soluzioni

Lo strappo ufficiale è arrivato a poche decine di minuti dallo scoccare della mezzanotte: il MoVimento 5 Stelle non parteciperà al voto di fiducia posto dall’esecutivo sul dl Aiuti a Palazzo Madama. L’annuncio è arrivato direttamente dalla voce di Giuseppe Conte dopo una lunga giornata di incontri e trattative con i suoi parlamentari. E dopo lo stallo pomeridiano, con lo stesso leader pentastellato ha tentato di ricucire lo strappo telefonando direttamente a Mario Draghi per spiegare i suoi intenti, la crisi di governo è piombata dentro e fuori le stanze di Palazzo Chigi.



Crisi di governo, i possibili scenari dopo il no del M5S alla fiducia

Dopo aver partecipato al Consiglio Nazionale del M5S e aver presieduto la riunione con senatori e deputati (che già nei giorni scorsi avevano fatto la stessa scelta, uscire dell’Aula durante il voto di fiducia sullo stesso decreto, alla Camera), è arrivata la conferma ufficiale di quella decisione:



“Di fatto qual è il risultato? Che alla camera, dove è possibile un voto disgiunto, al momento del voto finale non abbiamo partecipato. Domani al Senato non è possibile un voto disgiunto, e quindi noi domani non parteciperemo al voto con le stesse lineari e coerenti motivazioni. I cittadini non capirebbero una decisione diversa”.

Conte, dunque, sostiene che l’uscita dall’Aula del Senato oggi è perché i “cittadini non capirebbero”. Insomma, rivendica la sua coerenza. Fatto sta che questa mossa provoca l’inevitabile crisi di governo. Perché Matteo Salvini aveva già annunciato che il mancato appoggio pentastellato all’esecutivo (seppur una tantum) avrebbe provocato la caduta dell’esecutivo e il ritorno alle urne elettorali. E tutto ciò è stato confermato anche da Enrico Letta – fronte Partito Democratico – che ha chiesto una verifica della maggioranza (come già fatto, all’indomani dei fatti di Montecitorio, da Silvio Berlusconi).

Come riporta il quotidiano La Repubblica, la telefonata di ieri pomeriggio tra Conte e Draghi non ha scongiurato la crisi. Il leader del MoVimento 5 Stelle ha provato a giustificare il comportamento pentastellato sottolineando come la mancata fiducia una tantum non equivale a un mancato supporto del suo partito all’esecutivo. Ma il capo del governo ha una visione molto differente:

“Caro Conte, sul merito dei nove punti che mi hai presentato sono sicuro che riusciamo a trovare un accordo soddisfacente per tutti, ci vorrà qualche tempo ma ci arriveremo. Però se domani non votate la fiducia io mi devo fermare, non posso far finta di niente”.

Pre Draghi, dunque, non ci sarebbero più le condizioni di proseguire. Ovviamente, queste parole confermano l’ipotesi di una crisi di governo dall’esito inesorabile: il ritorno alle urne. Però, questa potrebbe non essere la strada unica da percorrere visto che – occorre ricordarlo – l’esecutivo guidato dall’ex numero uno della BCE gode di un’ampia maggioranza sia alla Camera che al Senato anche senza il supporto del MoVimento 5 Stelle.

Cosa può accadere ora

L’unica cosa certa, dunque, è l’esito del voto di oggi a Palazzo Madama. Il governo otterrà comunque la fiducia (sul dl Aiuti e sul suo operato, visto che al Senato non vi è voto disgiunto), ma con equilibri diversi rispetto alle aspettative. Poi, Mario Draghi salirà al Colle per confrontarsi (come fatto lunedì pomeriggio) con Sergio Mattarella. Da dimissionario? Probabile. E cosa accadrebbe dopo? Come spiega Ilario Lombardo sul quotidiano La Stampa, dal Quirinale potrebbe uscire una rosa di soluzioni per attenuare questa crisi di governo. La prima, quella che potrebbe essere la più plausibile (visti i precedenti recenti, proprio con i due governi guidati da Giuseppe Conte), porterebbe a un ritorno in Aula: Mario Draghi potrebbe porre la questione di fiducia al governo, da votare sia alla Camera che al Senato. Un test per verificare i numeri ufficiali e la fedeltà dei partiti. E si tratterebbe anche di una strategia per stanare il MoVimento 5 Stelle: se, come dice Conte, l’uscita dall’Aula di oggi è solo in dissenso con il dl Aiuti, allora non potrà mancare il voto di fiducia sull’operato (e il futuro) dell’esecutivo.

Molto, però, dipenderà dalle scelte che farà Mario Draghi. Come spiega Francesco Verderami sul Corriere della Sera, l’ipotesi di una permanenza dell’ex capo della BCE a Palazzo Chigi si fa sempre meno probabile. Perché il Quirinale può chiedergli di tentare la via di una nuova fiducia, ma non può obbligarlo ad accettare un secondo mandato (e non è detto che Mattarella opterà per questa strada). E tra le ipotesi paventate dal Corriere c’è anche una possibile richiesta di Mattarella: un nuovo esecutivo con la stessa maggioranza per arrivare per l’ordinaria amministrazione, fino a settembre/ottobre per le elezioni anticipate. Difficile, però, che questo possa avvenire sotto la guida dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea (si fa il nome di Daniele Franco, attuale ministro dell’Economia o di Giuliano Amato, Presidente della Corte Costituzionale).

E sembra essere lontana anche l’ipotesi di un Draghi-bis (con un’altra maggioranza, ovvero senza MoVimento 5 Stelle) per arrivare fino alla scadenza naturale della legislatura e al voto della prossima primavera. Il motivo sembra essere piuttosto semplice: Salvini e Letta (i leader dei due principali partiti a sostegno dell’esecutivo) hanno già detto che senza M5S si torna al voto (anticipato). Ma lo slancio del leader della Lega sembra esser bloccato dal fronte dei governatori del Carroccio, che hanno avuto sempre un gran peso. Il tandem Zaia-Fontana, infatti, sostiene che non si possa non andare avanti con un’Italia guidata da Mario Draghi e hanno invitato tutti a trovare soluzioni alternative alla crisi di governo e, soprattutto, a scongiurare istintive alzata di testa che metterebbero la parola fine sull’esperienza di questo esecutivo. Soprattutto perché in ballo ci sono ancora PNRR, legge di bilancio e tutti gli altri provvedimenti legati ai riflessi economici della guerra in Ucraina sull’Italia.

(Foto IPP/ImagoStock)