Cosa è successo alla Banca Popolare di Bari

Categorie: Economia, Fact checking

Le tappe che hanno portato l'istituto oggi guidato da Vincenzo De Bustis al salvataggio pubblico: l'acquisizione di Tercas, il buco nascosto nel bilancio, la vittoria contro l'Europa e il fondo maltese

Mentre il consiglio dei ministri verrà convocato oggi per stanziare il miliardo di euro che serve a salvare la Banca Popolare di Bari, è utile ripercorrere le tappe che hanno portato l’istituto oggi guidato da Vincenzo De Bustis al salvataggio pubblico.



La Banca Popolare dei Bari

Lo stesso De Bustis nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera mercoledì scorso ha denunciato prestiti irregolari che avrebbero provocato perdite enormi, circa 800 milioni di euro negli ultimi quattro anni. Praticamente da quando lui aveva lasciato la banca che aveva già guidato dal 2011 all’inizio del 2015. Per questo è stata avviata un’azione di responsabilità contro l’ex direttore generale Luca Jacobini, figlio di Marco, presidente dell’istituto dal 1989 al 2019 e altri due top manager.

Banca Popolare di Bari, la cronistoria (La Repubblica, primo dicembre 2019)

Nel disastro ha certamente pesato anche l’acquisizione di Banca Tercas nel 2013-2014, effettuata su impulso della Banca d’Italia. Il Corriere oggi riepiloga i termini di una vicenda complicata:



La banca venne capitalizzata per quasi 300 milioni dal Fitd prima di passare alla Bari, ma la Commissione Ue nel 2015 lo considerò aiuto di Stato. Quella decisione impedirà al Fitd di intervenire sulle successive crisi bancarie, tanto che per ovviare dovette inventarsi lo Schema Volontario, fino allo scorso aprile quando il tribunale Ue non ha dato ragione all’Italia. In ogni caso quei soldi non si sono rivelati sufficienti per coprire il buco di Tercas. Nel frattempo la Bari aveva chiesto ai soci oltre mezzo miliardo di euro tra aumento di capitale e bond subordinati. Le azioni, vendute a 9,5 euro, da mesi sono ferme a 2,38 euro. Ma in realtà valgono ormai quasi zero.

Le crisi bancarie e i salvataggi (Corriere della Sera, 15 dicembre 2019)

Le indagini sulla Banca Popolare di Bari

Repubblica ricorda oggi che i magistrati hanno iscritto nel registro degli indagati Marco Jacobini, 73 anni, il padre padrone della banca, presidente del suo consiglio di amministrazione e amministratore di fatto e i suoi figli Gianluca, 42 anni, vicedirettore generale dal 2011 al 2015, quindi condirettore e direttore generale di fatto, e Luigi, 46 anni, dal 2011 vicedirettore generale. Ma anche Vincenzo De Bustis Figarola, 69 anni, già direttore generale ed amministratore delegato, banchiere preceduto dalla fama di essere un highlander uscito sempre illeso da storie complicate, in Banca 121, Mps e Deutsche Bank. Proprio quello che a il 18 luglio scorso, dopo la pubblicazione di un’inchiesta in due puntate di Repubblica sul suo gigante dai piedi di argilla, querelava il quotidiano lamentando la «palese falsità di notizie gravemente lesive della sua immagine» insieme alla diffida a «non reiterare le condotte diffamatorie» pena un risarcimento «per una somma non inferiore a 100 milioni di euro». Più o meno un decimo del buco che, ora, saranno chiamati a tamponare i contribuenti italiani per conto dei dieci indagati.



Il bilancio della Banca Popolare di Bari (Il Sole 24 Ore, 14 dicembre 2019)

Carlo Bonini e Giuliano Foschini su Repubblica raccontano che dopo l’acquisizione di Tercas  la banca si trova di fronte perdite per circa 250 milioni di euro che decide di occultare:

Tra febbraio e aprile di quell’anno, il Cda prima, l’assemblea dei soci poi, cucinano dunque il bilancio dell’anno precedente omettendo di svalutare gli avviamenti di alcune fusioni. Ci sono, tra le altre, la Nuova banca Mediterranea, la Popolare di Calabria e, appunto, Tercas. L’operazione di maquillage consente di occultare, facendole sparire, 270 milioni di perdite. La chiusura del bilancio 2015, non ha risolto i problemi. Anzi. Popolare sa che tra il valore reale delle azioni collocate l’anno prima e quello dichiarato, balla circa il 30 per cento. Il titolo, dunque, deve essere svalutato. Ma prima c’è da risolvere una questione. Molte di quelle azioni sono state vendute infatti a imprenditori esposti con la banca per cifre importanti.

È il gioco delle “operazioni baciate” che ha già messo in ginocchio le banche venete: ti concedo un prestito a patto che ne userai una parte per acquistare le mie azioni. Accade così che, il 18 marzo, nell’ultima asta utile prima dell’assemblea dei soci del 24 aprile che svaluterà il titolo, alcuni azionisti, diciamo i più “fortunati”, riescono a liberarsi delle azioni scavalcando l’ordine cronologico dei venditori. Da questo momento in poi, le azioni puntano dritte verso l’abisso. Nessuno riuscirà a venderle. Il loro valore si scioglierà come neve al sole, arrivando a poco più di 2 euro prima che le negoziazioni vengano sospese.

L’indagine su De Bustis

Tra il dicembre del 2018 e il marzo 2019, l’amministratore delegato De Bustis propone al consiglio di amministrazione un’iniziativa di patrimonializzazione attraverso uno strumento che ricorda un bond per un ammontare di 30 milioni. Subito dopo, la Popolare riceve una richiesta irrevocabile di adesione da parte di una società maltese, la Muse ventures ltd. per l’intero importo: 30 milioni.

Contemporaneamente, De Bustis, siamo al gennaio di quest’anno, acquista quote di un fondo lussemburghese, il Naxos plus, per 51 milioni. È un’operazione accreditata come necessaria ad aumentare il valore delle partecipazioni della Popolare e che sarebbe stata in parte coperta dall’impegno con il fondo maltese.

In realtà, le cose vanno in altro modo. Il Muse è una scatola vuota, con un capitale sociale di 1.200 euro ed è riconducibile a tale Gianluigi Torzi, finanziere con una lunga coda di inchieste giudiziarie in cui è stato coinvolto. I 30 milioni, va da sé, da Malta non arriveranno mai, ma, dal Lussemburgo, chiedono in compenso i 51 a Bari.

La Banca Popolare di Bari (Il Mattino, 2 dicembre 2019)

E arriviamo ad oggi, quando l’alternativa è tra Bail In e salvataggio pubblico.

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