Quello che non sapete della storia di Virginia Raggi e dell'incarico alla ASL di Civitavecchia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-06-19

La storia raccontata sul Fatto venerdì scorso era già stata pubblicata in un libro di Marco Lillo in edicola da un mese. Ma nessuno se ne è accorto. Nemmeno chi in campagna elettorale avrebbe potuto approfittarne prima. Eppure sulla Raggi sono circolate bufale per quattro mesi. Come mai?

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La macchina del fango ha un buco nella gomma. Ora che le urne sono aperte e la campagna elettorale è finita ci si può occupare di un aspetto laterale della vicenda di Virginia Raggi e dell’incarico della ASL di Civitavecchia. La polemica è scoppiata venerdì 17 dopo la pubblicazione (a pagina 12, senza strillo in prima) di un articolo di Marco Lillo sul Fatto Quotidiano. Dopo il pezzo altri quotidiani (Repubblica, Il Messaggero) si sono buttati a capofitto sul caso, raccontando anche l’esposto di un’associazione, l’ANLEP, e annunciando l’apertura di un fascicolo che la Procura di Roma ha smentito. A presentare l’esposto è stato il vicepresidente dell’associazione, Renato Ienaro, che è anche il coordinatore di una commissione del PD Lazio.

Virginia Raggi e il libro di Marco Lillo

È inutile discutere del merito della questione: la notizia c’è, la replica della Raggi, che riguarda soltanto uno dei due incarichi, non è per nulla convincente e d’altro canto la firma sul secondo incarico della madre di Marta Grande, deputata 5 Stelle, dà la stura ad altre malignità e insinuazioni. In più, la sortita di Alfonso Sabella, che in un’intervista all’Huffington Post ha previsto addirittura l’invio di un avviso di garanzia per falso ideologico in atto pubblico è la prova che l’argomento è spendibile in una campagna elettorale all’ultimo sangue come quella per Roma. Ma c’è un però: la storia raccontata da Lillo venerdì scorso non è per niente inedita. È invece contenuta per filo e per segno nel libro “I nuovi re di Roma”, edizioni PaperFirst, in edicola dal 26 maggio con il Fatto Quotidiano alla cifra di euro 6,50 (venghino, siòre et siòri):

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Il capitolo del libro di Marco Lillo su Virginia Raggi e la ASL di Civitavecchia

 
Non solo: per essere sicuri che non passasse inosservata, della storia il Fatto ha parlato il 25 maggio in un articolo in cui si presentava il libro:
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L’articolo sul Fatto del 25 maggio scorso in cui si parlava della storia della ASL e della Raggi

La macchina del fango ha un buco nella gomma

Ora, senza voler dare alcun giudizio di merito sulla questione – eventualmente se ne occuperanno i magistrati, che sembrano già essere divisi – ciò che a tutti è evidente è che un argomento con un peso elettorale specifico piuttosto ampio come questo avrebbe dovuto essere tirato fuori ben prima dai competitor della Raggi e, segnatamente, da chi ha seguito e organizzato la campagna elettorale di Roberto Giachetti come candidato sindaco a Roma. Invece il Co.re.t.to. (Collettivo Renziani Troppo Tosti) sul tema è partito fuori tempo massimo, nel giorno di chiusura della campagna elettorale, quando ormai la gran parte degli elettori ha deciso per chi votare ed è difficile (anche se non impossibile) che una notizia su un giornale sposti equilibri così ampi come il distacco di voti al primo turno tra Giachetti e la Raggi. Ma evidentemente nessuno si è preso la briga di leggere la rassegna stampa sull’avversario politico, nessuno si è preso la briga di comprare il libro per leggere cosa c’era scritto, nessuno durante una campagna per il ballottaggio che Giachetti ha improntato alla polemica diretta con l’avversaria si è preso la briga di fare due verifiche, e nemmeno di buttarla lì su Twitter alla carlona per vedere che succede.

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La dichiarazione dell’incarico da parte di Virginia Raggi sul sito del Comune di Roma

 
A questo punto voi direte: beh, ma magari si è voluto evitare di aprire una polemica politica per rispetto degli avversari, al contrario di quello che fanno altri. Ma manco per niente. Perché l’inizio della campagna elettorale per il sindaco di Roma si è invece contraddistinto per una continuata macchina del fango proprio nei confronti di Virginia Raggi, prima accusata di essere citata in una relazione della commissione prefettizia su Mafia Capitale (una bufala qui sbufalata), poi oggetto di un presunto dossier sulle sue frequentazioni da legale, infine addirittura accusata dal quotidiano del Partito Democratico di essere nel video “Meno male che Silvio c’è”. Nel mezzo c’è stata anche la surreale campagna sull’ACEA, quando il PD romano si è messo a difendere una povera e indifesa società quotata in Borsa dalle grinfie di una perfida ragazza che vuole l’acqua pubblica per tutti.  Inutile dire l’effetto boomerang generato da queste “notizie” poi smentite a stretto giro di posta: la Raggi ha fatto la figura dell’aggredita (in effetti, è stata aggredita) e questo le ha portato simpatia ed altri voti. È evidente che nel PD ci hanno provato, a stupirci con effetti speciali, ma mancavano gli argomenti e le capacità. Tanto tempo fa circolava una battuta sulla Rai che faceva più o meno così: in nome della meritocrazia a Viale Mazzini la settimana scorsa hanno assunto quattro democristiani, tre comunisti, due socialisti e uno bravo. Nel PD evidentemente ci sono talmente tanti renziani che hanno dovuto rinunciare a quello bravo.

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