I prefetti avvertono Salvini: “Se è guerra, porti aperti”

La direttiva che li chiude emanata dal Viminale dovrebbe, nel caso, essere sospesa

Come volevasi dimostrare. Se la crisi libica sfociasse in una dimensione di massa, l’Italia dovrebbe aprire i porti: lo hanno spiegato ieri i prefetti al ministro dell’Interno Matteo Salvini, sottolineando che la direttiva che li chiude emanata dal Viminale dovrebbe, nel caso, essere sospesa. Lo racconta oggi Francesco Grignetti sulla Stampa:



I prefetti del ministero dell’Interno hanno messo in fila le novità e hanno dovuto mettere in guardia il ministro. Primo segnale: all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale di Roma, Giovanni Salvi, è stato chiaro. «La dichiarazione di una zona Search And Rescue libica, avvenuta nel 2017 disse Salvi – non fa venire meno l’obbligo delle nazioni delle SAR vicine, innanzitutto Italia e Malta, di salvare le persone in pericolo, anche in zone di non diretta attribuzione, coordinando gli sforzi dei soccorsi e intervenendo direttamente, se del caso».

L’obbligo di intervenire in mare resta dunque un obbligo, pena un intervento della magistratura italiana e in prospettiva anche una sanzione da parte della Corte dei diritti dell’Uomo. E se Salvini sperava in cuor suo di assistere a una progressiva stabilizzazione, un virtuoso processo di pace, quindi alla fine un governo saldo e anche un maggiore coinvolgimento delle agenzie delle Nazioni Unite, beh, le cose stanno andando in direzione opposta. Secondo segnale: il 5 aprile, da Ginevra è arrivata una dichiarazione ufficiale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in cui si «esprime preoccupazione per la popolazione civile e i migranti tenuti in detenzione in Libia, mentre convogli militari si avvicinano alla capitale Tripoli».



Dichiarava il direttore generale dell’Oim, António Vitorino: «La sicurezza dei migranti detenuti diventerebbe una questione cruciale se dovesse verificarsi un’escalation dell’azione militare. La Libia non è un luogo sicuro dove riportare i migranti che hanno tentato senza successo di raggiungere l’Europa».

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