Marco Travaglio spiega al M5S perché ora gli indagati si possono candidare

Per due giorni il M5S ha bollato come fake news la questione degli indagati candidabili. Ora l'editoriale sul Fatto sgombera il campo

Dal giorno in cui il MoVimento 5 Stelle ha promulgato le nuove regole votate da nessuno, come impone il concetto di democrazia diretta da Beppe Grillo, la pagina facebook ufficiale dei grillini è partita all’attacco dei giornali che hanno ricordato come funzionano le nuove regole, in particolare per gli indagati: non c’è più alcuna sanzione automatica né alcun blocco automatico per gli indagati. In particolare lo staff del MoVimento 5 Stelle se l’è presa con Repubblica e Messaggero, che ha accusato di diffondere fake news.

L’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto di oggi a commento delle nuove regole grilline oggi sgombera il campo dalle interpretazioni furbe



Dovranno rinunciare alla candidatura gli indagati o imputati per fatti che gli “or ga ni dell’Associazi one” (il garante Grillo, il capo politico Di Maio, il comitato di garanzia Crimi-Cancelleri-Lombardi e i probiviri Catalfo, Carinelli e Fraccaro) riterranno “idonei a far ritenere la condotta lesiva dei valori, dei principi o dell’i mmagine del M5S”. Finalmente si mette in chiaro che non basta un avviso di garanzia (magari per la denuncia infondata di un avversario, o per un fatto ancora tutto da verificare) per eliminare qualcuno dalla vita politica. Ma al contempo non si può giudicare l’onorabilità di un candidato o di un eletto dalla fase dell’iter della sua inchiesta o processo.
Tutto dipende dai fatti, accertati o contestati, che gli organi del movimento devono valutare caso per caso, assumendosi le responsabilità delle proprie scelte. Per certi fatti, gravie/o infamanti e accertati, non bisogna neppure attendere l’avviso di garanzia per dare un taglio netto; per altri fatti, lievi e/ocontroversi, bisogna attendere la sentenza, di primo grado o addirittura quella definitiva. Purché la bussola sia l’art. 54 della Costituzione, che impone a chi esercita pubbliche funzioni due doveri in più rispetto ai cittadini comuni: “disciplina e onore”.

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