Giuseppe Conte e le minacce di dimissioni

Il presidente del Consiglio sull'orlo di una crisi di nervi, tra scudi fiscali e letteracce da Bruxelles

Alberto D’Argenio su Repubblica ci racconta oggi che Giuseppe Conte, prestanome del Consiglio di Salvini e Di Maio, è stato protagonista di un retroscena sull’orlo di una crisi di nervi in quel di Bruxelles, con minacce di dimissioni e confusione sui membri dello staff



Giuseppe Conte scambia una giornalista per un membro del suo staff. «Tenga la borsa, per cortesia. Sente il peso che mi porto dietro?». Accenti crepuscolari, mentre l’esecutivo sembra sbriciolarsi come il sogno del premier spuntato dal nulla. «Ma il presidente sono io, venerdì torno a Roma e risolvo tutto». Preso a sberle a Bruxelles, ignorato in patria dai suoi vice che sul condono parlano come non ci fosse, esorcizza la paura. E per due volte in un giorno deve minacciare apertamente le dimissioni. Anche se a sera poi le smentirà per salvare il salvabile.

Un passo indietro, le 23 di mercoledì. Conte è chiuso da un’ora e mezza in una stanza del Consiglio europeo. Telefona ai due azionisti giallo-verdi, parla con il Colle. Cerca di ricucire squarci romani. A un certo punto, riferiscono, riserva a Luigi Di Maio un acuto mai sperimentato prima. «Se non decido io, a cosa vi servo? Piuttosto mi faccio da parte». Dirà lo stesso anche ieri, per cercare di frenare Matteo Salvini. «Se non posso convocare il Consiglio dei ministri, perché restare? Piuttosto mi dimetto». Non lascia, anche se il Carroccio certo non lo lega alla poltrona.



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Alla base dei problemi, oltre alla rissa sullo scudo fiscale, anche la lettera della Commissione UE:

Ma il massacro a cui lo sottopongono i colleghi europei lo fiacca come  mai prima d’ora. E infatti c’è scoramento nei suoi occhi, quando incassa una doppietta mica male: lettera di ammonimento della Commissione sulla manovra, dichiarazione di Salvini che annulla consigli dei ministri come fosse lui il premier.

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