Francia-Italia: perché invidiare il deficit dei cugini d’oltralpe è stupido

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Ormai pare che quei due maschioni di Di Maio e Salvini abbiano deciso di abbandonare la linea del Piave del 2,4%, linea che essi stessi avevano fissato e promesso di difendere ad ogni costo. Il loro sfoggio d’italica virilità è già costato circa 1,5 miliardi in termini di maggiori interessi sul debito nel solo 2018 e chissà quanti in termini di mancati investimenti (piccolo segreto, nelle situazioni d’incertezza gli imprenditori sospendono gli investimenti). Tuttavia c’è sempre una polemica inutile su cui indirizzare la rabbia degli elettori. Infatti, come una manna dal cielo, arrivano le concessioni alla piazza del presidente Macron, concessioni che porterebbero il deficit francese al 3,5% per il 2019. Davvero una fortunata occasione di polemica per tutti quei giornalisti che avevano lodato e incoraggiato la sacra battaglia per il 2,4%. Tra le 50 sfumature del sovranismo italiano che si sono lamentate del doppiopesismo europeo nei confronti di Francia e Italia, spiccano, tra gli altri, Luisella Costamagna, Marco Travaglio, Maurizio Belpietro, il Tg La7 e il simpatico Luca Telese, che mi ha dato del “presuntuoso” su Twitter (nulla di grave, io gli avevo dato del “deficiente di informazioni”).



Preliminarmente può essere utile spiegare perché tutti gli addetti ai lavori (e la differenza dello spread tra i due paesi lo dimostra checché ne dica il Tg di Mentana), considerano i conti pubblici francesi meno a rischio di quelli italiani. Come spiega Costantino De Blasi i motivi sono essenzialmente:

1. Minor rapporto debito/PIL attuale francese.



2. Maggior tasso di crescita dell’economia francese sia storicamente che in prospettiva.

3. Inaffidabilità dei saldi presentati dall’Italia (la Commissione stimava un deficit realistico del 2,9%.)



4. Circa l’1% del deficit francese è costituito da spese una tantum.

5. Alla Commissione Europea (e ai mercati) interessa l’andamento del debito strutturale e la traiettoria futura del debito/PIL più che i saldi del 2019.


Detto questo, cerchiamo di spiegare perché le lamentele italiane sono a prescindere sciocche e irrazionali. La stragrande maggioranza del paese (politici, cittadini, giornalisti e intellettuali vari), è intimamente convinta che aumentare il deficit porti a una crescita che possa compensare l’aumento dell’indebitamento. Una favola pseudo keynesiana che fraintende quello che sosteneva lo stesso Keynes, che limitava questa dinamica a ben precisi casi. Dato questo assunto errato, è ovvio che la questione principale del dibattito pubblico diventi come convincere i tecnocrati a concederci più deficit possibile. Ed è anche ovvia la diffusa invidia verso la Francia, che avrebbe un implicito permesso di crescere che a noi verrebbe negato per inspiegabili motivi. Se per assurdo la Francia facesse il 10% di deficit, dallo stivale si leverebbe un coro di protesta per fare a nostra volta almeno il 9%. Ci avvantaggerebbe questa cosa? Ovviamente no, andremmo incontro al dissesto finanziario nel giro di qualche settimana, purtroppo la classe politica e giornalistica peggiore del dopoguerra a questo non ci arriva. Macron, che sarà anche impopolare ma non è stupido come Di Maio, di certo non festeggia dal balcone per il maggior deficit che farà. Non era un suo obiettivo, è un prezzo che ha dovuto pagare per fermare (se riuscirà) la protesta delle piazze. Solo in Italia ogni zero virgola di deficit aggiuntivo è visto come un passo avanti verso la prosperità, mentre ogni zero virgola negato è visto come un ostacolo ingiusto alla nostra crescita. In un paese serio il dibattito sarebbe incentrato su come produrre più ricchezza, per poi eventualmente ridistribuirla a chi non se n’è avvantaggiato, o, almeno, le due cose verrebbero trattate contemporaneamente. in Italia, invece, i prossimi giorni saranno dedicati a maledire i francesi che si possono indebitare più di noi. Un po’ come un eroinomane all’ultimo stadio che invidia un altro eroinomane che, essendo un po’ più ricco, può permettersi più droga.

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