Che ci siano 8000 posti di lavoro in meno all’anno per qualche annualità preventivati dai tecnici dei ministeri con l’approvazione del Decreto Dignità è un dato di fatto. A scriverlo, nero su bianco, è la relazione tecnica che accompagna il decreto varato da Di Maio per combattere il precariato. Dopo le pressioni della Ragioneria il governo ha messo nero su bianco la risposta alla domanda: visto che il decreto si propone di ridurre la durata dei contratti di lavoro a tempo determinato, dagli attuali 36 a 24 mesi, per disincentivarli, quanti contratti in meno prevedete? Una tabella nella Relazione tecnica spiega: per la prima volta gli effetti di un provvedimento sul mercato del lavoro danno un maggior numero di disoccupati, ovvero 8000 all’anno.
L’effetto è immediato, dalla decorrenza da oggi del provvedimento in Gazzetta Ufficiale: tutti i contratti sopra i 24 mesi, oggi pari a 80 mila unità, non potranno essere rinnovati. Di questi, gradualmente, alcuni troveranno una nuova occupazione, altri saranno assunti a tempo ma, secondo la stessa “Rt”, il 10 per cento di essi, ovvero 8.000 dipendenti a termine, rimarrà a spasso. Tant’è che la relazione prevede per costoro l’attivazione della Naspi, la nuova indennità di disoccupazione e un ammanco di entrate.
Ma Repubblica in un articolo a firma di Roberto Petrini oggi va oltre e fa un altro calcolo che riguarda la questione delle causali, che potrebbe avere un effetto simile sull’occupazione:
I contratti a termine superiori a un anno, ma inferiori a due, sono attualmente 280.000. Gli imprenditori saranno disincentivati a rinnovarli, perché con le causali rischierebbero l’impugnazione in tribunale.
Circa la metà, cioè 140.000, potrebbe dunque non essere rinnovata e di questi, seguendo lo stesso criterio della “Rt”, circa 14.000 potrebbero non trovare lavoro. Di conseguenza, il decreto porterebbe alla distruzione di circa 22.000 contratti, seppure a tempo determinato.