Conte, la solidarietà a Beirut e i sovranisti che rispondono “prima gli italiani”

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Dopo la terribile esplosione di ieri a Beirut Giuseppe Conte ha espresso solidarietà al Libano spiegando che l’Italia farà il possibile per fornire il proprio sostegno e il proprio aiuto. Il presidente del Consiglio ha pubblicato su Facebook le sue parole:



Nonostante Conte INFORMI chi magari non ne era a conoscenza che a Beirut ci sono anche degli italiani (ad esempio i militari della Brigata Sassari, ma ci sono anche civili) molti commentatori, per fortuna non tutti, utilizzano la possibilità di rispondere al premier per farfugliare quattro parole in croce sentite e lette nel peggiori bar sovranisti. Ci sono quelli che capiscono solo che se non sei italiano sei immigrato e quindi se gli parli di libanesi risponde che l’Italia deve “rimpatriare l’immigrazione”. Ma c’è anche chi parte dal presupposto che Conte le promesse non le sappia mantenere, come ha già dimostrato qui da noi. Non come quell’illustre statista che ha abbassato le accise della benzina non appena è andato al governo! E poi Giuseppi si permette di andare in vacanza quindi non può essere elogiato. Non fa mica come chi si mette a giocare con le biglie sulle spiagge di Milano Marittima. Quelle non sono vacanze, è lavoro!

 



Poi ci sono quelli che “ho anche amici libanesi”, ovvero che sono dispiaciuti ma prima bisogna pensare agli italiani. C’è chi lo dice con un po’ di garbo e chi invece non ha nessun pudore e spiega chiaramente che gli interessa solo dei “connazionali”. Un’altra sottospecie di sovranista è quello specializzato in economia. Non possiamo aiutare i libanesi perché non abbiamo soldi causa emergenza coronavirus.



Segue una rassegna di “pensa agli italiani”, dove c’è tutto e il contrario di tutto:

Del resto in questi ultimi mesi abbiamo visto dilagare il razzismo contro i cinesi che ci “portavano il virus” e poi gli elogi per i cinesi che venivano in Italia ad aiutarci con il virus. E non dimentichiamoci quando il premier albanese mandò qui in aiuto i suoi medici. Allora fu un fiorire di “bene, bravo, bis”, magari proprio da quelli che gli albanesi non li hanno mai potuti vedere. Chissà come mai non c’era nessuno che diceva rimanete a casa vostra fino a che quelli bisognosi di aiuto eravamo noi. Non siamo diventati migliori.

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