Autonomia, la frenata di Salvini (spaventato dai sondaggi del Sud)

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Se Salvini vuole il voto del Sud, non può spingere tanto sull'autonomia di Veneto e Lombardia (più l'Emilia Romagna). Ma se non spinge sull'autonomia, il Nord si arrabbia più del Sud. Il dilemma del prigioniero elettorale è servito. Buon lavoro, ministro!

Fino a qualche tempo fa Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti minacciavano la caduta del governo sull’autonomia. Giorgetti diceva all’inizio dell’anno che il governo sarebbe caduto senza l’ok al progetto di legge per spaccare l’Italia, il 26 giugno scorso il ministro dell’Interno diceva che l’esecutivo non poteva andare avanti. Una settimana dopo, mercoledì, durante l’ultima riunione a Palazzo Chigi i toni del ministro dell’Interno erano molto meno ultimativi, sulle autonomie come sulla flat tax. Alla fine per il capo leghista il testo sul potere delle Regioni che uscirà dal Consiglio dei ministri sarà emendabile in Parlamento, dove il Carroccio certo non può contare su una maggioranza schiacciante di nordisti pronti a seguire Veneto e Lombardia. Cos’è successo? Lo spiega oggi Ilario Lombardo sulla Stampa:



In realtà anche dentro la Lega si fa spazio un atteggiamento molto più scettico e prudente, alla luce anche di sondaggi sul fronte meridionale che avrebbero spaventato il leader. Il compromesso partorito, o quasi, è frutto di una frenata che in tanti hanno notato. Lo hanno notato, con una certa irritazione, i governatori Attilio Fontana e Luca Zaia, desiderosi di dare a veneti e lombardi quanto promesso con un referendum.

Lo hanno notato i 5 Stelle, in primis Luigi Di Maio, pronto a «immolarsi» per il Sud, l’unica parte d’Italia dove i grillini resistono allo scontento elettorale. Il Mezzogiorno come fortino e frontiera: il capo politico sa che è lì che punta Salvini per completare il suo capolavoro sovranista.



Ma se Salvini vuole il voto del Sud, non può spingere tanto sull’autonomia di Veneto e Lombardia (più l’Emilia Romagna). Ma se non spinge sull’autonomia, il Nord si arrabbia più del Sud. Il dilemma del prigioniero elettorale è servito. Buon lavoro, ministro!



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