Alfano denuncia Gazebo

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“Ieri, con i soldi degli italiani, due milioni e mezzo di euro per il 2017, si è consumata la consueta diffamazione. Quel che è più grave è che essa è stata perpetrata da parte del servizio pubblico”. Il presidente di Alternativa Popolare, Angelino Alfano, annuncia di avere dato mandato ai propri legali per denunciare autori e conduttori di Gazebo in sede civile e in sede penale. Alla denuncia, spiega una nota, Alfano allegherà i riferimenti diffamatori a lui rivolti durante gli ultimi tre anni di puntate televisive di Gazebo, per dimostrare ciò che sarà facile dimostrare: non si è trattato di un singolo atto diffamatorio – che sarebbe stato comunque grave – ma di una intera campagna diffamatoria durata anni a spese del contribuente e con una pervicacia diffamatoria che rende plateale il dolo, l’intenzionalità, la tenace volontà di creare un danno alla persona e all’area politica che rappresenta. Gazebo e Alfano hanno sempre avuto pessimi rapporti. Nel 2014 le telecamere di Diego Bianchi sbugiardarono la ricostruzione dell’allora ministro degli interni riguardo la carica agli operai della AST a Roma. Più di recente si è parlato di una tentata censura alla trasmissione per i filmati della presentazione del nuovo partito di Alfano. Gazebo è stato anche escluso dalla conferenza stampa di presentazione di Alternativa Popolare.

“Il punto – afferma ancora la nota Ap – è reso ancor più grave dall’enorme sproporzione che vi e’, all’interno del servizio pubblico, tra lo spazio dedicato alla diffamazione da questa trasmissione e lo spazio dedicato alla informazione, in altre trasmissioni Rai, sulla medesima area politica e sulla stessa persona che la rappresenta”. “Infine, e’ stata la stessa Rai 3, pochi giorni fa, a sottolineare che tale trasmissione e’ un mix tra informazione e satira, con questa frase contenuta nella nota che era stata diffusa e che riportiamo qui fedelmente: “… programma caratterizzato dal mix di satira e informazione che ne definiscono l’identita’…”. Quindi, se e’ gia’ stato ampiamente superato il confine della satira traducendosi in diffamazione, a maggior ragione tutto cio’ nulla ha avuto a che fare con l’informazione”, e’ la tesi di Ap. “Ultima considerazione amara: questa diffamazione non puo’ che essersi svolta con la azione o la dolosa e persistente omissione di una intera catena di comando che, dalla rete sino ai vertici massimi, ha consentito questi abusi” e dunque si annuncia che “anche costoro, nei limiti del legalmente consentito, saranno, da Alfano, chiamati a rispondere sia nel giudizio civile che nel giudizio penale”. Alfano fa infine presente “di essere giunto a questa amara determinazione dopo tre anni di paziente sopportazione di questo scempio che ha fatto il servizio pubblico, nella speranza che vi fosse un operoso ravvedimento nella diffamazione”.