La vera storia dei 300mila euro che Tiziano Renzi chiede a Travaglio e al Fatto

Ieri la notizia della causa. Oggi la conferma: non si parla di Consip ma della Chil Post

Ieri abbiamo riportato l’annuncio di Tiziano Renzi di un processo che inizia il 16 marzo a Firenze contro Il Fatto Quotidiano e Marco Travaglio con una richiesta di danni pari a 300mila euro. Oggi Travaglio sul Fatto dettaglia i termini della questione e quindi scopriamo che le cose sono leggermente diverse da come le ha prospettate il padre di Matteo. In primo luogo, come avevamo ipotizzato, si tratta appunto di causa civile e non di processo penale e il caso CONSIP non c’entra niente: si parla della bancarotta della società che aveva precedentemente venduto. In secondo luogo, la prima udienza si terrà l’11 aprile e non il 16 marzo.



La prima udienza della causa civile intentata da babbo Renzi al Fatto sarà l’11 aprile; non c’entra nulla con la vicenda Consip (si riferisce ad articoli sui suoi affari nel ramo outlet e al fallimento di una sua società, definito “bancarotta” perché all’epoca Tiziano era indagato per bancarotta e nessuno ha mai dubitato che sia fallita); e soprattutto non sarà un’udienza pubblica e nessuno parlerà, perché nel processo civile gli avvocati si limitano a depositare carte e controcarte, poi il giudice decide.
La causa T. contro T. sarà però interessante: oltreché su alcuni articoli del nostro giornale e del nostro sito, verterà sui “messaggi subliminali” e le “foto maliziose” contestati dall’“attore”(che poi è sempre T. nel senso di Tiziano). Messaggi subliminali volti a far credere che il nostro eroe, “agente di commercio”, non faccia affari anche grazie al cognome che porta, ma solo perché è sempre stato un genio del business, una versione vernacola di The Wolf of Wall Street, dotato –lo dice lui –di “una straordinaria capacità professionale ed una vulcanica energia intellettiva”.



E non da oggi, ma da quando “l’attuale premier non era neppure nato”.Ergo va risarcito per i “danni patrimoniali e non” subiti per le cose(vere)scritte dal Fatto, con una somma “non inferiore a 250 mila euro” (non si sa se al mese o all’anno o una tantum), considerando anche “il patema d’animo sofferto in relazione al contesto sociale” eccetera.

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