La vera storia dei 14 positivi su 60 al test “per il Coronavirus” a Napoli

Ieri sui giornali campani ha cominciato a girare una storia molto curiosa che riguardava i controlli al casello autostradale e alla stazione di Napoli e la notizia, incredibile per le sue proporzioni, che erano stati trovati 15 positivi al "test per il Coronavirus" su 60 controllati. Ma c'è un problema. Anzi, ce ne sono molti

Ieri sui giornali campani ha cominciato a girare una storia molto curiosa che riguardava i controlli al casello autostradale e alla stazione di Napoli e la notizia, incredibile per le sue proporzioni, che erano stati trovati 15 positivi al “test per il Coronavirus” su 60 controllati. In pratica uno su quattro tra quelli che arrivavano in città, a causa del modo in cui era stata posta la questione, risultavano malati di COVID-19: un buon motivo per rispolverare i lanciafiamme di De Luca. Peccato che il modo in cui è stata posta la questione sia completamente sbagliato. E di conseguenza lo sia anche l’analisi dei numeri. Vediamo perché.



La vera storia dei 15 positivi su 60 al test “per il Coronavirus” a Napoli

Ieri sono scattati i controlli alla stazione di Napoli e i numeri dei rientri da Milano a Napoli sono stati meno catastrofici di quelli previsti: meno di 400 i passeggeri che si sono imbarcati sul primo Frecciarossa diretto dal capoluogo lombardo ieri alle 7. Ma i controlli sono scattati anche nelle autostrade. Al casello della A1 di Napoli si è proceduto a un controllo a campione (cioè casuale) di 60 automobilisti. E la storia è stata presentata così:

Questa mattina sono stati effettuati i primi 60 tamponi che hanno rivelato la presenza di ben 14 casi positivi al test rapido. Un risultato che dovrà essere adesso confermato dal vero e proprio tampone per il Coronavirus. Persone che hanno sviluppato gli anticorpi e che sono stati in contatto con portatori attivi del virus. Queste persone possono essere considerate dei pazienti contagiati a tutti gli effetti.



La notizia è circolata però prima del bollettino dell’unità di crisi della Regione Campania. Che, quando è uscito, ha ridimensionato di molto la questione:



L’Unità di Crisi della Regione Campania rende noto che ieri, nell’ambito dei controlli effettuati presso le stazioni ferroviarie della Campania, “nei posti di sorveglianza ai caselli autostradali, all’aeroporto di Capodichino e in alcuni luoghi nevralgici del territorio, sono stati registrati 1706 passeggeri provenienti da fuori regione. Tutti sono stati sottoposti a misurazione della temperatura. 15 passeggeri avevano una temperatura pari o superiore a 37.5. Sulla base delle valutazioni mediche, al momento, le Asl hanno sottoposto a test rapido ed eventualmente a tampone naso-faringeo, alcuni passeggeri”.

Da fonti di Palazzo Santa Lucia si apprende anche che 320 soggetti sono stati sottoposti a test rapido e 19 sono risultati positivi. “Per quanto riguarda i tamponi effettuati – si legge in un comunicato emesso ieri sera – tre di questi relativi a persone sottoposte a screening alla barriera di Napoli Nord sono risultati negativi. Si attendono i referti dei restanti tamponi. Tutte le persone provenienti da fuori Campania sono state poste in isolamento domiciliare».

Cosa è successo quindi? È successo che potremmo considerare quei 14 positivi le prime “vittime” del corto circuito informativo prossimo venturo sui test sierologici.  I controlli sanitari erano stati disposti nei confronti di chiunque avesse una temperatura corporea superiore a 37,5 gradi. E già pare strano che ci fosse un numero così alto di febbricitanti – forse è il caso di rivedere la taratura dei termoscanner? Ma soprattutto, quello che ancora non è chiaro – e non lo sarà per molto tempo – è che il test sierologico non ci dice con assoluta certezza se si è malati di COVID-19: quel ruolo lo possono assolvere attualmente soltanto i test del tampone. I test sierologici – i kit che attraverso il prelievo del sangue verificano la presenza degli anticorpi e dunque il contatto con il virus – ci forniscono solamente un’indicazione di massima sul se una persona ha fabbricato anticorpi contro il virus Sars-Cov-2, nel qual caso significa che è venuto in contatto con esso in un passato più o meno recente. Gli anticorpi che si vanno a cercare sono essenzialmente di due tipi: IgM (Immunoglobuline M) e IgG (Immunoglobuline G). Le IgM vengono prodotte per prime in ordine di tempo dopo che è avvenuta l’infezione, le IgG successivamente.

Test sierologici: quali sono (La Repubblica, 4 marzo 2020)

Ecco quindi che una affermazione del tipo “abbiamo trovato quindici positivi al test” di per sé non significa nulla se prima non si spiega perché la risposta è positiva e cosa può e non può significare. Il fatto che i primi tre tamponi siano risultati negativi ci dice tutto. Ma vedrete che mentre sta partendo l’indagine campionaria del governo sulla popolazione e le Regioni ne hanno comprati per 4 milioni credendo così di poter dare inesistenti “patenti di immunità” ai propri cittadini, nei prossimi mesi su questa storia ci sarà molto da ridere.

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