Perché Berlusconi ha deciso di perdere le elezioni

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-11-13

L’intesa sulla legge elettorale lascia a Silvio scarsissime possibilità di successo. Ma gli consente di tenere in piedi il centrodestra con l’egemonia del suo partito. In attesa di tempi migliori. Se arriveranno

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L’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi uscito ieri dall’incontro tra i due e ratificato dal discorso del premier alla Direzione PD si potrebbe definire capestro per una delle due parti in causa. E non c’è bisogno nemmeno di dire quale delle due: basta vedere le reazioni indignate dei potenti di Forza Italia alle proposte del Partito Democratico prima dell’accordo sull’Italicum tra i due leader. Che è stato digerito dai forzisti in nome dell’unità del partito.

Se Berlusconi abbia ottenuto nel faccia a faccia le garanzie sul Quirinale che si aspettava,rassicurazioni sulla sua situazione giudiziaria o per le sue aziende nonché la certezza che non si andrà al voto anticipato in primavera, i suoi possono solo supporlo, o sperarlo. Inogni caso, Berlusconi ha concesso molto all’interlocutore. Non tanto nel merito della trattativa, rimasta sostanzialmente aperta, ma nel tono del comunicato congiunto che ha pochi precedenti nella storia politica recente. Per dirla con un furioso big azzurro, il leader «mette nero su bianco che pure se la legge non gli piace, il patto è solidissimo e fantastico. È come dire che tua moglie ti mette le corna, ma il tuo matrimonio va benissimo…».Ed è più o meno questo il clima che si respira fra gli azzurri: scoramento, o comunque poca comprensione di quello che sta accadendo, e che l’ex premier ha cominciato a spiegare ieri sera a cena ai fedelissimi. La sensazione a caldo degli azzurri però è che, ancora una volta e sempre di più, si stia concedendo troppo a Renzi senza ottenere in cambio nulla, anche a livello di garanzie. (Paola Di Caro, Corriere della Sera, 13 novembre 2014)

PERCHÉ BERLUSCONI HA DECISO DI PERDERE LE PROSSIME ELEZIONI
A sera, in Forza Italia non hanno ancora capito se dovranno votarla in ogni caso, la legge elettorale, pur non condividendola affatto, o se «in commissione,in Aula» avranno margine di manovra, per lottare, opporsi, pretendere. Ma quello che hanno capito benissimo è che il loro capo, con Renzi, ha siglato un’altra intesa di ferr oche va oltre i distinguo e l’1% di soglia in più o in meno.

ITALICUM BERLUSCONI RENZI
Italicum: i punti chiave dell’accordo tra Berlusconi e Renzi (La Repubblica, 13 novembre 2014)

In mezzo c’è anche la partita della presidenza della Repubblica, ma con un dettaglio importante: con questo accordo Renzi è legittimato a chiedere a Napolitano di restare oltre la data di gennaio. Adesso l’accordo tra le forze politiche che il Quirinale auspicava dovrebbe essere abbastanza forte da assicurare che il voto non dovrebbe arrivare presto, e Napolitano non sarà così costretto a sciogliere le camere prima che arrivi il suo predecessore. E le prove tecniche di nuova maggioranza possono proseguire indisturbate: fino al 2018 c’è tempo, le minacce di Mauro e dei suoi non sembrano poter concretizzarsi.

Italicum: chi supera la soglia


 
LA STRATEGIA PERDENTE DI BERLUSCONI
A questo punto però rimane da capire perché Berlusconi ha accettato un patto così leonino. Anche una vittoria laterale sui punti ancora in discussione non cambierebbe la sostanza dei fatti. Sul quorum delle liste minori il Cav. vuole arrivare il più in alto possibile per costringere Angelino Alfano a un accordo. Sul premio alla lista o al partito si gioca invece gran parte della partita. Spiega Stefano Folli su Repubblica:

Brunetta nei giorni scorsi aveva colto nel segno quando dichiarava che la legge era stata stravolta e perciò Forza Italia non doveva votarla. Ma Brunetta ha suscitato il disappunto del capo e si capisce perché: la linea del vecchio leader non è mai stata la spaccatura, bensì la sostanziale copertura delle posizioni «renziane». Per cui la spina dorsale della nuova legge (il premio di maggioranza non più alla coalizione bensì al singolo partito vincitore) viene accettata dal centrodestra; e la divergenza strategica, quella che condannerà il gruppo berlusconiano a essere la terza o forse la quarta forza politica del paese, è derubricata al rango di piccolo particolare destinato a essere chiarito nel corso del dibattito in Parlamento. In altre parole, Berlusconi ha detto «sì» e semmai con il comunicato di ieri sera ha cercato di tenere a bada i malumori dei suoi. Come dire: tranquilli, non è finita, il confronto-scontro continua, però voi fidatevi di me.

E dove continuerà questo scontro? Ovviamente in parlamento, dove si misurerà la forza politica dell’accordo tra i leader. Ma il dado è tratto, e la verità l’ha scritta ieri Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore: c’è oggi un chiaro conflitto tra gli interessi di Berlusconi e quelli di Forza Italia. «In questo momento Mediaset è come la Fiat degli Agnelli: non può che essere governativa». Sono troppi i rischi che si correrebbero con un governo ostile alle televisioni di Berlusconi, in un momento di crisi e con i conti in tale disordine che il Biscione si è messo a cercare un partner per la tv digitale a pagamento. Anche sul Quirinale Berlusconi ha voglia di dire la sua, e può farlo soltanto se rimane seduto al tavolo delle riforme. Ma tutto questo riguarda oggi l’interesse privato e personale di Silvio, non quello di un partito che sembra avere voglia di leadership alternative ma non il coraggio per cercarsele da solo. E così, il conflitto d’interessi per una volta diventa il fattore di accelerazione di riforme che altrimenti nessuno avrebbe avuto convenienza a fare. Cose che capitano.

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