Operazione Pse: il vertice dei socialisti contro l'austerity

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-02-06

Matteo Renzi ha proposto un vertice dei paesi a guida socialista contro l’austerity. La riunione si terrà il 17 febbraio, quasi certamente a Parigi, alla vigilia del consiglio europeo del 18. «E discuteremo anche di flessibilità – confida in privato il capo del governo – Alla faccia di chi dice che sono isolato»

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La Repubblica di oggi ci annuncia che Matteo Renzi ha proposto un vertice dei paesi a guida socialista contro l’austerity.  La riunione si terrà il 17 febbraio, quasi certamente a Parigi, alla vigilia del consiglio europeo del 18. «E discuteremo anche di flessibilità – confida in privato il capo del governo – Alla faccia di chi dice che sono isolato».  Ci saranno pure il laburista Jeremy Corbyn e il greco Alexis Tsipras, come osservatore.

Operazione Pse: il vertice dei socialisti contro l’austerity

La strada di Renzi è quella giusta. Tommaso Ciriaco racconta che il vertice metterà al primo posto dell’agenda, oltre alle spese sui migranti che sono diventate materia del contendere in queste due settimane, anche la battaglia contro i vincoli troppo rigidi dell’Unione Europea.

È la prima mossa di Renzi, che pensa ad una vera e propria alleanza tra «i riformisti dell’Unione». Una tappa cruciale per costruire quella rete di rapporti necessaria a scalfire l’asse dei falchi capeggiato da Berlino e per scuotere potenziali partner finora troppo timidi, a cominciare dalla Francia. Il premier è preoccupato dalla difficoltà con cui i governi a guida socialista fanno squadra. Tutto troppo spesso si riduce a sfide bilaterali con Bruxelles, senza alcuna strategia comune. «È il momento di dare una scossa – ragiona – perché il tempo dell’austerità è finito». Il bisogno di alleati è insomma sempre più urgente. Non a caso, nell’agenda di Renzi si moltiplicano gli appuntamenti diplomatici.
Ieri sera un bilaterale all’Aja con Mark Rutte, capo del governo liberale olandese (e presidente di turno dell’Ue), ha lasciato così soddisfatto il premier da fargli immaginare un inedito asse “lib-lab”. Nei prossimi giorni un incontro con l’omologo austriaco. E in cantiere c’è anche un vertice con Francois Hollande a Venezia. Contatti costanti si registrano in queste ore con il leader belga, considerato da Renzi al momento il più vicino, quello greco e maltese. Ancora non abbastanza, comunque. Per questo il presidente del Consiglio scruta con attenzione quanto si sta consumando in Spagna, dove un inedito esecutivo guidato dal Psoe – alleato con Podemos – promette parole d’ordine contro l’austerità ancora più “hard” di quelle renziane. In questo schema, farà gioco anche il malcontento del Portogallo, che ieri ha visto bocciare la propria manovra economica da Bruxelles, con la richiesta di misure correttive.

Insomma, una guerra contro l’austerity. Ovvero, visto che il tempo dell’austerity vera e propria è finito, contro i vincoli di spesa,  lo spettro di una manovra correttiva – che continua ad essere esclusa – e il rischio della procedura d’infrazione paventato dallo stesso premier in questi giorni.

matteo renzi austerity deficit ue
Eurozona, la mappa del deficit (La Repubblica, 6 febbraio 2016)

 

La guerra e la flessibilità

Intanto  Il governo portoghese guidato dal socialista Antonio Costa ha approvato la legge di bilancio respingendo le varie misure di austerity richieste dalla Commissione Ue. L’esecutivo ha attuato autonomamente una flessibilità nei conti pubblici. E Francesco Verderami sul Corriere si chiede di quante legioni disponga Renzi:

Se così stanno le cose, il punto è capire di quante legioni dispone Renzi nell’Unione, fino a dove i compagni socialisti sono pronti a seguirlo con questa idea di «rottamare gli euroburocrati», la loro dottrina, persino i loro referenti. E se nel gruppo in Parlamento il capo del governo italiano fa proselitismo, in Commissione trova porte chiuse e non solo per lealtà di collegio. Ce n’è la prova nelle tre diverse dichiarazioni di Moscovici dell’altra sera: la prima tagliente verso il leader del Pd, la seconda più accomodante su richiesta del gruppo socialista europeo, la terza più diplomatica su richiesta di Palazzo Chigi. Il denominatore comune di tutte le note era però lo stesso: Renzi abbassi i toni.
L’asse franco-tedesco non si spezza per questioni di appartenenza allo stesso partito, e gli europarlamentari francesi — ai quali Renzi piace — si ritengono vincolati al patto nazionale. Quanto ai tedeschi dell’Spd, già in sofferenza a casa loro, non è piaciuto l’irrigidimento del premier sui fondi da destinare alla Turchia per l’emergenza migratoria: con le elezioni amministrative alle porte e le politiche dietro l’angolo, vedersi scavalcati su un tema che in Germania sta mettendo in difficoltà anche la Merkel ha provocato una forte irritazione. Più di quei continui riferimenti di Renzi al «41% del Pd». I Popolari, maligni, raccontano che il cahier de doleances sia stato ri ferito loro da Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo che tiene con il Ppe buoni rapporti, perché mira a essere riconfermato. In caso contrario gradirebbe tornare al ruolo di capogruppo, che oggi è di Pittella

Ma una guerra giusta va combattuta a prescindere dalla convenienza.

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