Il commissariamento di Ostia e le colpe del PD

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-08-27

La vicenda che ha portato allo scioglimento del X Municipio raccontata dall’inizio. Dal pentimento del mafioso ai tentacoli dei clan sul litorale. Fino all’arrivo dei giudici a fare pulizia

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Il X municipio viene sciolto. La decisione, da mesi nell’aria, è proposta dal ministro Alfano e dal Cdm ratificata. In arrivo sul litorale romano ora tre commissari che dovranno gestire un territorio non facile, ad alta infiltrazione mafiosa,stretto tra clan storici come Spada-Triassi-Fasciani. Un territorio il cui ex presidente del Municipio targato Pd, Andrea Tassone, è stato arrestato nell’ambito del’inchiesta su Mafia Capitale. Sarà il prefetto Domenico Vulpiani, già capo della Digos di Roma, a presiedere la commissione che gestirà il municipio. Lo affiancheranno il viceprefetto Rosalba Scialla e Maurizio Alicandro.
 
IL COMMISSARIAMENTO DI OSTIA E LE COLPE DEL PD
Vulpiani, 62 anni, dopo essere stato nominato prefetto nel 2013 è stato ispettore centrale per l’amministrazione dell’Interno ma proviene dalla Polizia. Per anni ha lavorato alla sicurezza e alla protezione delle infrastrutture critiche del Paese, è stato responsabile dell’ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di pubblica sicurezza che si occupa delle indagini interne al corpo. A lui Alfano ha affidato un compito delicatissimo, che comporterà anche la collaborazione con il Campidoglio. Alfonso Sabella, assessore alla Legalità e Trasparenza del Comune, che fino ad ora si è occupato del X municipio, annuncia che il suo “ruolo a Ostia non finisce”. “Ho chiesto di mantenere la delega al litorale. Voglio continuare il lavoro sulla regolarità delle concessioni e degli affidamenti – spiega – La competenza sul litorale, delegata al municipio durante l’amministrazione Alemanno, deve tornare a Roma. La delibera che lo prevede, già approvata dalla giunta, ora dovrà andare in consiglio”. Sarà oggetto di un confronto con il partito invece la carica di commissario del Pd per Ostia di Stefano Esposito, ora anche assessore ai Trasporti nella giunta Marino (oltre che senatore dem). “Per ora rimango – la sua risposta -, poi faremo una valutazione con Matteo Orfini perché forse ho troppe cose da fare”. È proprio lui, Esposito, che subito dopo la conferenza stampa di Alfano, sottolinea: “Con le dimissioni di Tassone (ex presidente del municipio di Ostia coinvolto nell’inchiesta di Mafia Capitale), tecnicamente lo scioglimento del Consiglio municipale era già avvenuto. Il commissariamento, ora, può durare 24 mesi e io spero che vengano utilizzati tutti e 24 perché, come avevo ben intuito appena arrivato lì, il vero tema a Ostia è la presenza pervasiva e stratificata della criminalità organizzata con i clan Spada, Fasciani e Triassi, accompagnati dalle finte associazioni anti-mafia. Ostia è l’area con maggior numero di abitanti mai commissariata per mafia in Italia: ha più abitanti di Reggio Calabria”. La vicenda Tassone, con il presidente del X Municipio costretto a dimettersi, è la punta dell’iceberg di un sistema il cui smantellamento è cominciato con il pentimento di Sebastiano Cassia. Le sue parole hanno permesso di cominciare a fare luce sulla struttura criminale che comandava sul litorale. Due le organizzazioni a fronteggiarsi: quella di Carmine Fasciani, alleato del boss Michele Senese, e quella dei siciliani Triassi, poi soppiantati dagli Spada.
 
LA MAFIA A OSTIA
Cassia ha cominciato a raccontare il sistema del pizzo e delle estorsioni, che ha permesso ai Fasciani di prendersi tante attività economiche a Ostia costringendo a cedere le aziende. Con le buone o con le cattive c’era chi doveva versare una tassa dai 500 ai duemila euro al mese, in base alle stime sul fatturato. Chi non lo faceva finiva nella morsa classica dell’associazione mafiosa: prima gli attentati ai negozi e alle automobili, poi alle case e infine le aggressioni. I prestiti a strozzo si andavano a incrociare con i traffici di droga, mentre l’organizzazione aveva stipendiati con compensi di tutto rispetto, basati sull’anzianità e sull’amicizia. Il core business è lo spaccio: dalla cocaina all’eroina, da smerciare nei locali notturni o nelle piazze. Dove comandano i Fasciani, e gli altri possono soltanto chiedere e aspettare. Oppure lavorare come affiliati che si prendono i rischi dello smercio minuto, mentre loro giocano soltanto con chi conoscono e alle loro regole. Scriveva qualche tempo fa Lirio Abbate su L’Espresso:

Nelle deposizioni di Sebastiano Cassia non ci sono solo i padroni della strada. Il potere del clan ha bisogno di complici borghesi, per riciclare e mandare avanti la crescita imprenditoriale della famiglia. Il collaboratore ha parlato di magistrati e avvocati corrotti, alcuni dei quali già arrestati, perché con l’aiuto di medici riuscivano a far uscire dal carcere i boss. Sulla base dei suoi verbali le indagini della squadra mobile coordinate dal procuratore aggiunto Michele Prestipino stanno cambiando la situazione. Finora nessuno dei commercianti chiamati a confermare le estorsioni ha ammesso di avere pagato. Poche settimane fa invece il titolare di una ricevitoria di Ostia si è rivolto alla polizia, denunciando le pretese di due uomini degli Spada: volevano centomila euro. Gli agenti li hanno intercettati e ammanettati mentre incassavano il pizzo.

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L’operazione Nuova Alba comincia a gettare luce sulla struttura organizzativa della mafia. L’operazione Tramonto, nel marzo dello scorso anno, chiude il cerchio.

La Gdf è riuscita ad accertare come il clan si fosse radicato nel tessuto economico romano con aziende operanti nel settore della ristorazione, gestione di stabilimenti balneari, discoteche, vendita e noleggio di autovetture. Un modo per lavare e far crescere gli immensi patrimoni accumulati con usura, estorsione e traffico di stupefacenti, già, peraltro, accertati, in altre indagini, dalla stessa Dda di Roma.
La novità scoperta dal Gico è la vorticosa cessione e vendita dei singoli rami di azienda di quelle stesse imprese sequestrate la scorsa estate in seguito all’operazione “Nuova Alba”. Operazioni finanziare che negli anni hanno permesso una vera e propria espansione imprenditoriale mafiosa.
Gli stessi trucchi utilizzati anche per camuffare la titolarità del complesso balneare Faber Village: a capo della società ha figurato Fabrizio Sinceri, tra i 16 arrestati dell’operazione Tramonto, prestanome e uomo chiave per gli affari in riva al mare dei Fasciani. Un personaggiogià conosciuto dagli investigatori: il suo nome figura in un’informativa del 2003 redatta da Gaetano Pascale, l’ex ispettore della Squadra Mobile che assieme al suo pool, 11 anni fa, era arrivato a un passo dallo smantellare il sistema criminale di Ostia, ma, come raccontato dal fattoquotidiano.it, quell’indagine fu bloccata e i poliziotti deligittimati da una serie di esposti anonimi e accuse negli anni rivelatisi falsi.

A gennaio 2015 il tribunale, presieduto da Rosanna Ianniello, condanna Carmine Fasciani, ritenuto il capo del clan, a 28 anni di reclusione, la moglie Silvia Bartoli a 16 anni e 9 mesi, il fratello Terenzio a 17 anni, le figlie Sabrina (25 anni e 10 mesi) e Azzurra (11 anni) e il nipote Alessandro a 26 anni. Condannati anche Riccardo Sibio (25 anni e 3 mesi), Gilberto Colabella (13 anni), Luciano Bitti (13 anni e 3 mesi), Ennio Ciolli (3 anni), Emanuele Cocci (2 anni), Mirko Mazzoni (12 anni), Danilo Anselmi (7 anni) e Eugenio Ferramo (10 anni). Assolti, con varie formule, Nazareno Fasciani, uno dei figli di Carmine, Vito e Vincenzo Triassi (per i quali la procura aveva chiesto 18 anni di carcere), Gilberto Inno e Fabio Guarino.
 
LA MAFIA AD OSTIA E IL PARTITO DEMOCRATICO
Nel frattempo però era già scoppiato il bubbone di Mafia Capitale. Ma anche la faccenda della Cosa Nostra Beach, con la rivelazione di «un impianto corruttivo per manovrare appalti per servizi di pubblico interesse come le concessioni demaniali degli stabilimenti balneari». Al centro della vicenda l’affidamento di uno stabilimento molto noto ad Ostia, l’Orsa Maggiore. Per molto tempo del Cral delle Poste e poi affidato in men che non si dica ad una azienda costituita ad arte.

L’assegnazione dell’Orsa Maggiore ad Ostia – secondo gli inquirenti della Procura della Capitale – “è stata condotta da Papalini in concorso con Damiano Facioni, Ferdinando Colloca (fratello dell’allora consigliere Salvatore, del XIII municipio)” e Matilde Magni, questi ultimi nella qualità di soci formali. Appeso e Spada sono ritenuti “soci di fatto” della stessa Blu Dream srl. Secondo il procuratore aggiunto Michele Prestipino e i pm Ilaria Calò e Mario Palazzi questa vicenda “è emblematica poiché si inserisce in un ampio contesto che vede il territorio lidense oggetto di appetiti criminali da parte delle locali consorterie mafiose dedite specialmente” ad accaparrarsi “aree demaniali e stabilimenti balneari” con parallela “corruzione di pubblici ufficiali a favore di alcuni imprenditori che potevano giovarsi “del nome degli Spada”.

Il nome di Tassone spunta anche nell’ordinanza di Mafia Capitale, in un’intercettazione in cui parlano Salvatore Buzzi e la sua compagna:
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«Diciamo che abbiamo il sospetto piuttosto fondato che a Ostia la mafia abbia cercato, e in qualche settore anche ottenuto, il controllo di alcune scelte dell’amministrazione», ha detto Sabella a Repubblica qualche giorno fa, nella quale alla fine la domanda sul rischio di avvisi di garanzia in arrivo Giovanna Vitale la fa, senza ottenere però una risposta. Di certo il terremoto nel X municipio arriva dopo due anni di polemiche e contestazioni sulle scelte dell’amministrazione Pd. Che è quindi responsabile politico diretto dell’attuale disastro.

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