Poco più di una riga è stata dedicata a Patrick Zaki e Giulio Regeni nel comunicato stampa di Palazzo Chigi al termine dell’incontro, a Sharm el-Sheik, tra Giorgia Meloni e il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Mezze dichiarazioni che non hanno rivelato le eventuali richieste poste dall’Italia in merito alle indagini sull’uccisione dello studente italiano e sulla carcerazione preventiva (durata oltre un anno), dello studente egiziano iscritto all’Alma Mater di Bologna. Proprio quest’ultimo, però, spera che la sua vicenda – a partire dal travel ban, ovvero il divieto di lasciare il Paese – sia stata affrontata nel corso del vertice bilaterale andato in scena ieri in Egitto.
Intervistato da Il Corriere della Sera, Patrick Zaki ha detto di non aver avuto molte indicazioni su quanto detto e chiesto da Giorgia Meloni ad al-Sisi in merito al suo caso:
“So che c’è stata la richiesta di una risoluzione positiva. E la mia speranza, ovviamente, è che ci sia stata la richiesta da parte del governo italiano di porre fine al mio travel ban. Per me ma anche per gli attivisti della mia Ong, la Eipr, tra cui Hossam Bahgat, il direttore, anche lui accusato di diffusione di notizie false. Sarebbe un grande passo in avanti non solo per noi ma anche per tutti gli attivisti egiziani ancora in carcere”.
Il travel ban, imposto dopo la scarcerazione dalla prigione di Tora, è ancora attivo e lo studente egiziano non può lasciare l’Egitto fino al processo in cui dovrà difendersi – dopo due anni e un anno passato in carcere con l’accusa (tra le altre) di “diffusione di notizie false – davanti al tribunale. E la prossima udienza, questa volta non partendo da quella cella in cui è stato costretto per quasi due anni, è in programma a Mansoura il prossimo 39 novembre.