Salvo Pogliese: il sindaco di Catania condannato rischia la decadenza

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Tra le spese contestate dall'accusa c’erano 1.200 euro per la “sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte” in uno studio professionale di famiglia, 30 mila euro per soggiorni in albergo a Palermo, anche assieme ai familiari, cene e spese di carburante, 280 euro per la retta scolastica del figlio e 30 mila euro in assegni girati sul conto personale

“Non posso nascondere enorme amarezza e grande delusione per una sentenza che trovo assolutamente ingiusta. Ma da uomo delle istituzioni la devo accettare e rispettare. Nella mia vita mi sono sempre comportato da persona perbene e onesta interpretando i ruoli, che i catanesi e i siciliani mi hanno affidato, con grande generosità, passione e infinito amore per la mia terra e per la mia Catania a cui sono visceralmente legato”: così ha risposto il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, dopo la condanna in primo grado a 4 anni e 3 mesi sulle cosiddette spese pazze all’Assemblea regionale siciliana dove è stato in passato capogruppo del Pdl.



Salvo Pogliese: il sindaco di Catania condannato rischia la decadenza

Pogliese – ex europarlamentare vicinissimo a Giorgia Meloni, che lo ha voluto come coordinatore di Fratelli d’Italia in Sicilia – si sarebbe appropriato indebitamente di soldi pubblici negli anni in cui è stato deputato all’Assemblea regionale siciliana. Il nome di Pogliese è uno dei tanti finiti dentro alla maxi-inchiesta sulle spese pazze. Nel mirino i fondi destinati ai gruppi parlamentari che, secondo i magistrati, sarebbero stati utilizzati per finalità private. All’epoca dei fatti il primo cittadino, in quota Alleanza Nazionale, occupava lo scranno di capogruppo del Popolo delle libertà. Il Fatto Quotidiano spiega le accuse:

Tra le spese contestate dall’accusa c’erano 1.200 euro per la “sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte” in uno studio professionale di famiglia, 30 mila euro per soggiorni in albergo a Palermo, anche assieme ai familiari, cene e spese di carburante, 280 euro per la retta scolastica del figlio e 30 mila euro in assegni girati sul conto personale. Il primo cittadino ha sempre respinto le contestazioni, decidendo di candidarsi alla carica di sindaco nonostante il fardello del processo fosse già di dominio pubblico.



Ora il giudizio di primo grado farà scattare per Pogliese la sospensione dalla carica, per almeno 18 mesi, così come previsto dalla legge Severino. Al suo posto dovrebbe subentrare l’attuale vicesindaco Roberto Bonaccorsi, già sindaco del Comune di Giarre ed ex vicesindaco a Catania durante il mandato di Raffaele Stancanelli.



Invitato da Pd e M5S a dimettersi, senza attendere la sospensione per via della Severino, il sindaco parla di “condanna ingiusta” e spera nella celerità del processo d’appello per ribaltare l’esito del primo grado, mentre la Lega, a cominciare dal coordinatore regionale Candiani, lo difende e parla di un’operazione di sciacallaggio da parte di chi vuole che lasci in suo incarico. Oltre a Pogliese (ex FI e ora coordinatore per la Sicilia orientale di FdI), sono stati condannati Giulia Adamo (3 anni e sei mesi, che ha fatto parte di più gruppi parlamentari del centrodestra), Cataldo Fiorenza (3 anni e 8 mesi, al tempo capogruppo del Mpa), Rudy Maira (4 anni e 6 mesi, Udc e poi Pid), Livio Marrocco (3 anni, di Fli). La somma contestata a Maira (l’unico al quale non sono state concesse le attenuanti generiche) è la più alta, 82.023 euro; seguono Pogliese, 75.389 euro; Fiorenza, 16.220 euro; Adamo, 11.221; Marrocco, 3.961. Il tribunale ha interdetto i primi due in perpetuo dai pubblici uffici (dichiarando per loro l’estinzione di rapporti di lavoro o di impiego con amministrazioni o enti pubblici) e Marrocco e Fiorenza per due anni e 6 mesi.

EDIT 14.32:  Il prefetto di Catania, Claudio Samamrtino, ha disposto la sospensione di diritto dalla carica per diciotto mesi del sindaco del capoluogo etneo, Salvo Pogliese, in applicazione della legge Severino. Il primo cittadino è stato condannato ieri dal Tribunale di Palermo per peculato a quattro anni e tre mesi di reclusione nell’ambito del processo per ‘spese pazze’ all’Ars, su rimborsi all’Assemblea regionale Siciliana come vice presidente del gruppo del Pdl. (

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