Oggi sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha proposto una colletta tra i sette milioni di elettori della Lega per recuperare i 49 milioni di euro “spariti” dalle casse del partito. Matteo Salvini intanto continua a chiedere un incontro con il Capo dello Stato per potersi lamentare dell’emergenza democratica in atto dopo la sentenza della Cassazione sul sequestro dei conti del partito.
Ma così come non c’è nessuna invasione o emergenza rom o emergenza immigrazione non c’è neppure un’emergenza democratica. Secondo Salvini se la Lega dovesse restituire i soldi che secondo i giudici sono stati indebitamente sottratti allo Stato (perché di questo si parla) «sarebbe il primo partito in Europa messo fuori legge con una sentenza non definitiva, per eventuali errori commessi più di dieci anni fa da qualcuno con cui io non c’entro nulla». Inutile ricordare che Salvini è nella Lega dal 1992 e che il partito con cui lui non c’entra nulla è lo stesso che ha ricandidato l’ex Segretario del Carroccio Umberto Bossi, che per inciso è il principale imputato del processo assieme all’ex tesoriere del partito.
Come recuperare quei 49 milioni di fondi pubblici cui la Lega Nord non aveva diritto ma che ha incassato dal 2008 al 2010 (più altri 7 trasferiti a Cipro nel 2012)? Salvini dice che quei soldi lui non li ha mai visti, ma l’Espresso ha pubblicato le carte che documentano l’afflusso di denaro anche durante la gestione di Maroni e Salvini successiva alla cacciata (con le scope) del cerchio magico. Il presidente del Veneto Luca Zaia ha detto che le colpe dei figli non devono ricadere sui padri (ma allora perché la Lega non si è costituita parte civile nel processo?). Ma in quello stesso periodo Zaia ha rivestito il ruolo di ministro per la Lega Nord ed è stato sempre tra più importanti esponenti del partito. Dall’altra parte c’è chi dice che quel partito non esiste più, sostituito dalla Lega per Salvini Premier la cui sede – in teoria – non corrisponde a quella storica di via Bellerio.
A quanto pare la proposta di donare sul conto della Lega per “dare una lezione alle sinistre” e “inculare la magistratura” ha riscosso un discreto successo. Ma difficilmente si riusciranno a trovare i quasi 50 milioni di euro necessari per ottemperare alle richieste del giudice. Per la verità in passato l’onesto Umberto Bossi, quello con cui nessuno dei leghisti sembra aver mai avuto a che fare, aveva fatto una cosa simile. Era il 1993 e all’epoca il Senatùr riuscì a raccogliere 200 milioni di lire (poco più di centomila euro) dalla base leghista per restituire la somma di denaro che l’ex amministratore delegato della Montedison, Carlo Sama, aveva dato in nero nel marzo del 1992 all’allora segretario amministrativo della Lega, Sandro Patelli. Per la cronaca Bossi – che presidente a vita della Lega – ha farfugliato «Chiedete ai Servizi italiani… hanno organizzato loro» a chi gli chiedeva dove fossero finiti i denari.