Il reddito di cittadinanza sarà una corsa a ostacoli. E quelli più difficili li dovranno saltare i giovani. La bozza del decreto legge che sta circolando in queste ore prevede infatti, oltre alla smentita delle sciocchezze di Di Maio sugli stranieri che non potevano percepirlo e una robusta riduzione della platea, anche una serie di paletti che vanno a colpire i “furbetti” (e fin qui, nulla da eccepire) ma anche i giovani.
Il Messaggero racconta oggi alcune delle limitazioni in divenire nella bozza: il primo paletto servirà a impedire che un lavoratore si licenzi per ottenere il sussidio e poi continui a lavorare in nero: la bozza del decreto sul Reddito prevede che non avranno accesso al sussidio «i nuclei familiari che abbiano tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni», fatti salvi ovviamente i casi di giusta causa. Una norma ad hoc, poi, sarà inserita per evitare le separazioni o i divorzi di comodo. «I coniugi», si legge nella bozza del provvedimento, «permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione». Dunque, fin quando saranno sotto lo stesso tetto due persone anche se separate o divorziate saranno considerate, ai fini del Reddito di cittadinanza, come marito e moglie.
Ma i paletti più importanti riguardano i figli, secondo quella che il quotidiano definisce una clausola anti-bamboccioni:
Per impedire che i figli si stacchino dai nuclei familiari per incassare il reddito andando a vivere da soli ed evitando così che il reddito dei genitori inibisca l’accesso a quello di cittadinanza, la norma prevede che un figlio maggiorenne è considerato comunque a carico della madre e del padre se ricorre anche solo una di tre condizioni. La prima è che sia minore di 26 anni. In questo caso è sempre considerato sulle spalle dei genitori. Un modo anche per non erogare il Reddito agli studenti fuori sede.
La seconda è che sia «nella condizione di essere a loro carico ai fini Irpef». Da quest’anno sono considerati fiscalmente a carico i ragazzi fino a 24 anni che hanno un reddito fino a 4 mila euro, e quelli oltre i 24 anni che hanno un reddito massimo di 2.840 euro. Infine, terza condizione, il figlio è considerato comunque a carico dei genitori se, pur non abitando più con loro, non ha a sua volta figli.
Intanto sulla questione del reddito di cittadinanza agli stranieri c’è maretta nella maggioranza. La bozza potrebbe essere modificata escludendo gli immigrati, come si era impegnato a fare a settembre il ministro del Lavoro Luigi Di Maio. Ma Repubblica spiega che, come già sappiamo, si tratterebbe di un impegno accolto con sollievo dalla Lega, ma impossibile da mantenere:
Escludere gli immigrati sarebbe illegittimo non soltanto sulla base delle norme europee, ma anche di quelle italiane, a cominciare dalla Costituzione che vieta categoricamente le discriminazioni basate sulla nazionalità, a maggior ragione quando si tratta di prestazioni «destinate a far fronte al sostentamento della persona», come ha spiegato più volte la Corte Costituzionale. Per cui l’esclusione degli immigrati dai beneficiari, annunciata a gran voce, in realtà non c’è mai stata: tutte le bozze della legge di Bilancio, e adesso ovviamente anche il decreto attuativo, hanno sempre incluso tutti i residenti in Italia.
Persino il correttivo della residenza da almeno cinque anni potrebbe anzi essere considerato costituzionalmente illegittimo, visto che si tratta di un aiuto per chi è al di sotto della soglia di povertà. E anche la versione della legge di Bilancio inviata a Bruxelles a ottobre estende il beneficio a tutti i «maggiorenni residenti in Italia da almeno 5 anni disoccupati o inoccupati (inclusi pensionati)», stranieri compresi.
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