Quanto ci costano care le nostre spiagge?

Categorie: Economia, FAQ
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Addio all’ingresso libero. Per una giornata al mare servono 26 euro a testa. Prezzi su del 20%. E la parte divertente è che sono spiagge demaniali. Lo Stato incassa 103 milioni l’anno nel 2016 per un giro d’affari di 15 miliardi di euro l’anno

La trasformazione delle spiagge italiane, proprietà inalienabile dello Stato, in luoghi dedicati a divertimento e ristorazione gestiti da privati è un processo irreversibile: secondo l’ultimo rapporto di Legambiente anticipato oggi da La Stampa le concessioni demaniali marittime sono 52.619: di queste, 11.104 per stabilimenti balneari e 1.231 per campeggi, circoli e resort, che rappresentano il 42% di occupazione delle spiagge. E Lo Stato che benefici ha?



Pochi. Incassa per il demanio marittimo solo le briciole: 103 milioni l’anno nel 2016 (ultimi dati disponibili) per un giro d’affari stimato da Nomisma in 15 miliardi di euro l’anno: 6.106 euro a chilometro quadrato, 4 mila euro l’anno di media a stabilimento. Oggi la percentuale di spiagge libere e balneabili si è ridotta al 40%. In Liguria ed Emilia Romagna quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti, in Campania il 67,7%, nelle Marche il 61,8%. Dimenticate le dune che ondeggiavano la costa su cui si giocava da bambini, le lunghe spiagge incontaminate bordate dall’ombra delle pinete, i picnic con la borsa frigo trasportata a fatica sulla sabbia sotto il sole a picco.

Spiagge e costi: il dossier Legambiente (La Stampa, 29 luglio 2019)

Alla progressiva compressione della libertà di accesso si aggiunge un’ ulteriore riduzione: oggi quasi il 10% delle aree costiere sabbiose è vietato alla balneazione per l’inquinamento. In molti Comuni le aree non date in concessione sono vicine a fiumi, fossi, scarichi fognari. Tratti non balneabili: mare “di serie B”. In mancanza di una normativa nazionale, sono le Regioni a fissare le percentuali massime che possono essere date in concessione. Ma poche, rileva Legambiente, «sono intervenute con leggi a tutela della libera fruizione». In cinque regioni (Friuli, Veneto, Basilicata, Toscana, Sicilia) non esiste limitazione, come se tutte le spiagge fossero virtualmente «sul mercato».



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