Perché i numeri della manovra non tornano

Alesina e Giavazzi spiegano qual è il problema dell'Unione Europea con la Manovra del Popolo

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera tornano a spiegare cosa c’è che non va nella Manovra del Popolo e perché la Commissione Europea la contesta: i due economisti spiegano che il punto del contendere è questo:



Roma ritiene che un aumento dei trasferimenti dello Stato ai cittadini (9 miliardi per il reddito di cittadinanza e 7 per abbassare l’età minima della pensione) e la minuscola riduzione di imposte (meno di 2 miliardi) daranno un forte impulso alla crescita, facendola salire dall’1,2 per cento previsto per quest’anno all’1,5 l’anno prossimo e 1,6 nel 2020. Bruxelles pensa invece che questi provvedimenti potrebbero addirittura rallentare la crescita.

L’impatto macroeconomico della manovra (Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2018)

Chi ha ragione? Il numero chiave è quello che gli economisti chiamano il «moltiplicatore della spesa». Ovvero, per un euro di maggior spesa pubblica di quanto «si moltiplica», cioè aumenta il Pil? Secondo i due economisti con le spese del governo gialloverde potremmo arrivare ad avere un moltiplicatore negativo perché nel frattempo aumenta la spesa per interessi, all’orizzonte si vede una restrizione del credito e nell’ultimo trimestre la crescita si è fermata. Per questo, concludono:



Il problema di questa Legge di bilancio non è tanto l’obiettivo di un rapporto deficit- Pil al 2,4 per cento, il doppio di quanto avevamo promesso. Anche la Commissione europea fa male a parlare solo di decimali. Ciò che conta è quello che c’e in questo 2,4. Manteniamo pure il deficit al 2,4 ma usiamolo bene, non per creare una recessione.

Meno tasse stimolerebbero la crescita e quindi in parte si autofinanzierebbero (non del tutto, la spesa poi andrà gradualmente ridotta).I mercati sarebbero più tranquilli e lo spread scenderebbe. Invece, un 2,4 che è il risultato di sussidi alle famiglie e riduzione dell’età di pensionamento (che aumenta non solo e non tanto la spesa pensionistica di oggi, ma comporterà enormi aumenti di spesa e quindi di tasse in futuro) non stimola la crescita. E con un’economia che si ferma, la disoccupazione sale gonfiando il costo del reddito di cittadinanza. Pensiamoci: un’altra recessione, proprio non ce la possiamo permettere, soprattutto se siamo noi stessi a favorirla.



Leggi sull’argomento: Libero e Virginia Raggi “patata bollita”