Nei giorni scorsi una serie di report (di cui abbiamo parlato qui) parlavano della possibilità che ISIS usasse Ebola come arma di bioterrorismo. Alcuni allarmi, come avevamo segnalato, sembravano piuttosto scemati e venivano dichiarati con scetticismo dai loro stessi autori. Altri invece raccontavano di piani ritrovati in computer appartenenti a membri dello Stato Islamico che riguardavano Ebola e la possibilità di utilizzo del virus come arma di attacco all’Occidente. Un articolo di Slate oggi spiega come sia piuttosto difficile usare Ebola come arma di bioterrorismo.
EBOLA COME ARMA DI BIOTERRORISMO?
Secondo Nicolas G. Evans, che è professore di bioetica all’università della Pennsylvania, Ebola in primo luogo ha un tasso di infettività troppo basso per essere considerato una valida arma di bioterrorismo: una persona che ha l’Ebola in media ne infetta altre due, con punte di quattro o cinque in Africa, dove però il tasso maggiore è dovuto alle peggiori condizioni sanitarie rispetto all’Occidente. Visto che una persona malata è contagiosa soltanto dal momento in cui comincia a mostrare i sintomi del virus, è più facile immaginare di poter fermare un focolaio di Ebola rispetto ad altre malattie con caratteristiche diverse da questo punto di vista. A differenza dell’antrace, spiega Evans, le cui spore possono essere essiccate e macinate, Ebola si trasmette attraverso i fluidi corporei. Ed è difficile immaginare un’organizzazione terroristica che bussi porta a porta con sacchi di sangue o vomito di malati di Ebola per cercare di infettare più gente possibile. Quella di un kamikaze che si infetta di Ebola e poi va in giro come un untore è un’ipotesi altrettanto improbabile, se non altro perché nel momento in cui mostra i primi sintomi, il malato deve essere immediatamente ospedalizzato e rimanere a letto, senza che abbia la forza di muoversi. Difficile che riesca a compiere un’impresa suicida in queste condizioni, ragiona Evans. Anche le teorie del complotto che vorrebbero il virus Ebola creato in laboratorio per loschi fini sono sensibili al rasoio di Occam: la prima comparsa del virus è stata registrata nel 1976, quando l’ingegneria genetica era ancora ai primi passi.