Pensioni anticipate, si comincia da quota 100

Categorie: Economia, FAQ

L’ipotesi di un’operazione in due tappe: consentire subito dal 2019, facendo leva sulla prossima legge di bilancio, il pensionamento con almeno 64 anni di età e 36 di contribuzione, e prevedere con tempi più lunghi il canale di uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età

Per le pensioni anticipate si comincia da quota 100. Al lavoro sulla riforma della legge Fornero, l’esecutivo starebbe valutando l’ipotesi di un’operazione in due tappe: consentire subito dal 2019, facendo leva sulla prossima legge di bilancio, il pensionamento con almeno 64 anni di età e 36 di contribuzione, e prevedere con tempi più lunghi il canale di uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Il Sole 24 Ore spiega che a lasciare intendere che quota 100 è prioritaria rispetto a quota 41 è stato indirettamente lo stesso Matteo Salvini intervenendo mercoledì sera a Porta a porta.



La mappa dei nuovi pensionandi parte dalle classi centrali della generazione dei baby boomers (i 64enni del 2019 sono nati nel 1955) e si compone con gli iscritti al Casellario degli attivi Inps. L’ultimo anno certificato è il 2016 e nella classe di età 60-64 anni si contano poco meno di un milione di iscritti, per una media di circa 200mila per ogni coorte. Sono tutti i lavoratori residenti del settore privato, dipendenti e autonomi, numeri certificati come medi annui, dai quali vanno dunque esclusi gli stagionali.

A queste cifre, molto grezze e aggregate, vanno aggiunti i circa 100-150mila dipendenti pubblici che ogni anno dovrebbero andare in pensione tra il 2019 e il 2021, stando alle previsioni più condivise e che trovano riscontro nelle distribuzioni per classi di età che si leggono sul Conto annuale della Pa. Proiettando sul prossimo triennio l’insieme di questi dati si può arrivare a una prima stima di 300mila pensionandi potenziali che, anno dopo anno, matureranno il requisito anagrafico dei 64 anni.



Pensioni anticipate, la platea potenziale di quota 100 (Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2018)

In attesa dei dettagli sulla nuova anzianità, resta al momento in campo una stima di maggiore spesa per 5 miliardi l’anno, compensata con diverse contromisure come lo stop dell’Ape sociale, l’ammortizzatore di ultimi istanza attivo fino a fine anno per garantire un finanziamentoponte fino alla pensione ai 63enni disoccupati con 30 anni di contributi (36 per determinate categorie). Un’ipotesi che penalizza proprio i più svantaggiati, come ha messo in rilievo in un paper Tabula, società di ricerca fondata da Stefano Patriarca: «Il non rinnovo dell’Ape sociale impedirebbe a questi lavoratori di accedere al pensionamento a 63 anni, anche con contributi molto inferiori ai 41 anni, e dovrebbero attendere la pensione di vecchiaia a 67 anni».

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