Ci sono 60mila operai che da tre mesi tirano avanti senza lo stipendio. Si tratta dei lavoratori delle 18 aree e delle 13 regioni di “crisi industriale complessa”, che ancora sono in attesa del rinnovo degli ammortizzatori sociali garantito dal governo. L’esecutivo ha stanziato i fondi (117 milioni di euro) nella legge di Bilancio approvata a dicembre scorso, ma a tutt’oggi non c’è traccia del decreto interministeriale necessario a sbloccare quei soldi. Il che significa, appunto, che da gennaio più di 60 mila operai vivono, o sarebbe più giusto dire sopravvivono, senza un euro.
Gli operai senza salario nelle aree di crisi
Scrive oggi Repubblica che in alcune zone, dove i governatori (i fondi, destinati per lo più a mobilità e cassa integrazione in deroga, vengono richiesti dalle Regioni) avevano dei residui dell’anno precedente, qualche ammortizzatore è stato pagato.
Il provvedimento dopo essere rimasto fermo per settimane nelle stanze del Ministero dello Sviluppo Economico, una volta incassato il via libera dell’ufficio legislativo è passato al ministero dell’Economia (meno di un chilometro la distanza tra via Veneto e via Venti Settembre) ed è lì in attesa dell’ulteriore, necessario passaggio, per poter poi approdare finalmente alla Corte dei conti e diventare operativo
Le aree di crisi industriale complessa sono sparse in tutta Italia, da Trieste ad Acerra e Battipaglia, da Savona a Frosinone, dalla Valle del Tronto a Venafro, da Taranto a Porto Torres, da Termini Imerese a Piombino, da Gela a Terni, da Porto Marghera a Livorno: ci sono anche i siti produttivi legati a fabbriche “storiche” come le acciaierie di Piombino e Taranto, l’alluminio della ex-Alcoa nel Sulcis, la ex-Fiat di Termini Imerese o i petrolchimici di Gela e Porto Marghera.
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