Laila El Harim è morta nello scorso agosto mentre lavorava presso l’azienda Bombonette a Camposanto, in provincia di Modena. La donna aveva 40 anni, era madre di un bambino di quattro anni e ora le indagini hanno fatto emergere che il macchinario a cui lavorava era stato modificato rispetto al manuale d’uso, per risparmiare tempo e – di contro – aumentare i profitti. Era stata assunta da appena due mesi: un tempo durante il quale – secondo la Procura di Modena, che ha chiuso le indagini – non è stata formata adeguatamente sull’utilizzo delle attrezzature, e neanche sulle procedure in materia di salute e sicurezza. Una storia che richiama alla mente quanto successo a Luana D’Orazio, la 23enne morta intrappolata in un’orditoio di un’azienda tessile a Montemurlo, in provincia di Prato.
Secondo la pm Maria Angela Sighicelli la fustellatrice che utilizzava Laila per realizzare imballaggi per dolciumi è stata modificata: per questo motivo è stato ipotizzato il reato di omicidio colposo, accuse dalle quali dovranno difendersi il datore di lavoro e fondatore dell’azienda, Fiano Setti di 86 anni e il 31enne nipote Jacopo Setti, delegato alla sicurezza. Nelle indagini vengono documentate “la presenza di pareggiatori in gomma da regolare manualmente non previsti nella macchina” e “dell’assenza di una protezione, invece prevista”. La dinamica dell’incidente secondo le ricostruzioni è questa: Laila sarebbe entrata nella macchina nella fase di pre-avviamento per regolare i pareggiatori, ma è rimasta incastrata tra una parte fissa e una mobile che, muovendosi, le ha schiacciato la testa. La contestazione della Procura è che sia stato consentito l’avviamento della macchina pur in presenza di un operatore all’interno, ignorando i rischi.
In una nota congiunta, Cgil e Slc-Cgil hanno ribadito “la necessità di azioni concrete, di maggiori controlli ispettivi e risorse da parte delle istituzioni per dire basta ai morti sul lavoro, basta a barattare la salute e la vita dei lavoratori e delle lavoratrici con logiche di profitto”.