La crisi pagata dai bambini

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Un milione 260 mila minorenni vivono in stato di povertà assoluta e 500 mila non hanno i soldi sufficienti a mettere regolarmente proteine nel piatto

È la diseguaglianza più profonda che attraversa l’Italia: un milione 260 mila minorenni vivono in stato di povertà assoluta e 500 mila non hanno i soldi sufficienti a mettere regolarmente proteine nel piatto. E nello stesso decennio (2008-2018), racconta La Stampa, in cui il numero di under 18 indigenti è triplicato, non è aumentata per contro la quota di over 65 poveri: più si è giovani più è alto il dazio che si paga alla crisi.



Così oggi in Italia un povero su due ha meno di 34 anni. La povertà non è solo nel portafogli, ma è anche educativa e culturale. Con la spesa per l’istruzione al suo minimo storico (3,5% del Pil) e la preparazione degli studenti sotto la media europea, oggi la scuola non è più uno strumento capace di sconfiggere le diseguaglianze. Il circolo, insomma, è vizioso.

Incidenza della povertà assoluta per fasce di età (La Stampa, 28 ottobre 2019)

Vivono in povertà assoluta un under 18 su sei al Sud, uno su nove al Nord e uno su dieci al Centro. Ma i dati dell’Istat e dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save The Children dicono che il problema è strutturale e in buona misura passa sopra le differenze socio-economiche che separano le regioni più ricche dal Mezzogiorno.



0-17enni in povertà assoluta (La Stampa, 28 ottobre 2019)

In dieci anni le nascite sono crollate del 23,7%, passando da 576 mila a 432 mila. La discesa è attenuata dal robusto contributo (il 15% del totale) dei neonati da genitori stranieri. Intanto la spesa pubblica per l’istruzione è al minimo storico: 3,5% del Pil. Il confronto con le pensioni (20%) dice che per ogni euro investito nella scuola ce ne sono quasi sei destinati alla previdenza.

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