Gli incentivi per assumere i giovani? 5 su 7 non funzionano

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Nel nostro paese il tasso di disoccupazione degli under 25 è del 32,8%, contro una media europea del 14,6%, riferita alla Ue a 28 Paesi

In Italia la disoccupazione giovanile è un problema.  Nel nostro paese il tasso di disoccupazione degli under 25 è del 32,8%, contro una media europea del 14,6%, riferita alla Ue a 28 Paesi. Ma soprattutto, spiega oggi Il Sole 24 Ore, le contromisure adottate finora da vari governi per invertire la rotta non sembrano aver avuto effetto: né quelle basate su fondi europei, come Youth guarantee, né l’introduzione di incentivi e sconti contributivi per le aziende che assumono under 30, che prosegue ininterrotta dal 1° maggio 2014. Anche perché cinque strumenti su sette tra quelli a disposizione delle aziende per assumere i giovani non sono ancora pienamente operativi. Passando sopra alla loro complessità e, per certi versi, disomogeneità.



Gli incentivi all’assunzione dei giovani (Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2019)

Attualmente non sono operativi: il bonus del reddito di cittadinanza per chi assume i percettori, il bonus per chi si mette in proprio, il bonus per l’assunzione under 35, il bonus per le eccellenze (le assunzioni dei 110 e lode) e il bonus assunzioni nel Mezzogiorno. E non solo, spiega il quotidiano:

Allargando il cerchio alle misure finanziate con fondi Ue il quadro non cambia. Come conferma l’ultimo report di Garanzia giovani, il piano pensato per collocare sul mercato del lavoro gli under 29 altrimenti “incollocabili”. Quando ci si riesce, anche qui tramite i centri per l’impiego (o tramite le agenzie private), ci si limita a tirocini e stage.



Degli 1,1 milioni di Neet iscritti alla piattaforma e presi in carico, il 56,9% è stato avviato a un intervento di politica attiva. Ma in quasi sei casi su 10 si tratta di un tirocinio extra-curriculare. Certo, una fetta di questi rapporti poi si trasforma in contratti subordinati (il 52,5% risulta occupato, tra tempo indeterminato, contratti a termine, apprendistato). Insufficiente però a rilanciare la “buona” occupazione giovanile.

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