Non si possono e non si devono giudicare le reazioni e le tempistiche. Questa è la lezione che Eva Dal Canto ha dato a Beppe Grillo e a quel suo video-sfogo pubblicato sui social. La donna, oggi 29 anni, ha lanciato l’hashtag #Ilgiornodopo e ha raccontato di esser stata vittima, quando aveva 17 anni, di uno stupro. Un dolore enorme e la consapevolezza di una violenza subita che lascia i segni, sia fisicamente che psicologicamente. Ma con quel suo “Il giorno dopo sono andata a scuola”, ha raccontato le reazioni umane che, per loro natura, non sono le stesse per tutte e per tutti.
Qui non si parla di condanne mediatiche o di etichette da colpevole prima della sentenza. Qui si parla di come il tema dello stupro sia stato trattato – male – da Beppe Grillo in quel suo (ormai) famoso video pubblicato su Facebook in difesa del figlio. I giudici analizzeranno le prove raccolte dagli inquirenti e dalla Procura di Tempio Pausania e decideranno se e come condannare Ciro Grillo e i suoi amici dopo la denuncia di una ragazza che li ha accusati di stupro di gruppo. Una violenza che, secondo il racconto della giovane, è avvenuta la notte tra il 15 e il 16 luglio del 2019. Ma quel riferimento fatto dal comico genovese agli “8 giorni dopo” per la denuncia, è l’aspetto più grave di tutto questo capitolo.
“Troppe persone subiscono stupri e violenze nel segreto delle loro camere, nelle macchine dei compagni di classe e non acquistano consapevolezza di ciò che hanno subito fino a molto tempo dopo. Talvolta, come nel mio caso, dopo anni – scrive Eva Dal Canto su Instagram lanciando l’hashtag #ilgiornodopo -. Ma il problema è anche che una certa narrazione sembra voler colpevolizzare chi sopravvive, che dopo lo stupro non può voler trovare una distrazione o un piccolo attimo per non pensare al dolore e cercare di andare avanti”. Perché non conta il tempo trascorso dalla violenza subita e la denuncia. Quella è una misura effimera che non placa alcun dolore.
(foto: da profilo Instagram di Eva Dal Canto)