Il governo vende francobolli per far quadrare i conti

Il governo ha infilato nel maxi-emendamento, su proposta di 5 senatori leghisti, il sogno di monetizzare questo stock con aste filateliche

C’è un tesoretto dimenticato nelle pieghe del bilancio dello Stato: lo stock di francobolli invenduti che dal 1967 continua a crescere e che le Poste conservano. Il governo ha infilato nel maxi-emendamento, su proposta di 5 senatori leghisti (Roberta Ferrero, Enrica Rivolta, Massimiliano Romeo, Christian Solinas e Cristiano Zuliani), il sogno di monetizzare questo stock con aste filateliche. L’emendamento propone di integrare, come comma 348-bis, l’articolo 215 (intitolato “Smercio delle cartevalori”) presente nel decreto del presidente della Repubblica 655 del 19 maggio 1982 (“Approvazione del regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle telecomunicazioni (norme generali e servizi delle corrispondenze e dei pacchi)”).



Si comincia dal miliardo di pezzi in su. Alla notizia di uno Stato che si fa casa d’asta, però, annunciata dal sito Vaccari News, il mondo filatelico è entrato in subbuglio. Si temono contraccolpi sul mercato. Protesta Piero Macrelli, presidente della Federazione fra le società filateliche italiane: «È un tentativo di svendere a prezzi di saldo francobolli ancora in corso. Il risultato sarebbe di far perdere il valore nominale a centinaia di milioni di francobolli che i collezionisti hanno acquistato con un danno difficilmente quantificabile, che potrebbe indurre ad una class action».

Foto da: Vaccari News

Se davvero diventasse legge, sarebbe capace di creare pesanti conseguenze, in un mercato colpito dalla crisi economica e dove quel materiale -è cosa nota- gira, soprattutto all’ingrosso, al sottofacciale. Si sa che perlomeno due magazzini di Poste italiane sono pieni di queste giacenze non più utili e da anni il mondo del collezionismo chiede che esse vengano distrutte.



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