Dario Franceschini e quello scorpione di Renzi

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Ieri mentre uscivano le anticipazioni nelle agenzie di stampa sulla diretta di Matteo Renzi a Porta a Porta, Dario Franceschini ha pubblicato un tweet in cui si leggeva la storia della rana e dello scorpione, ovvero la famosa favola di Esopo:



Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!”

“E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!” La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione.



Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Perché sono uno scorpione…” rispose lui “È la mia natura!”



Evidente a chi si riferisce il ministro della Cultura: lo scorpione è Renzi che non riesce a fare diversamente dalla sua natura anche se ciò danneggia sé stesso. Il capodelegazione dem, come tutti nel Pd, considera la proposta di riforma elettorale una trovata mirata solo a far saltare la riforma concordata dalla maggioranza con la soglia di sbarramento al 5%, che Iv teme di non superare. A questa velenosa analisi, racconta oggi La Stampa, fa eco lo stop di Zingaretti: «Un chiacchiericcio insopportabile. Sotterfugi di cui nessuno capisce il senso. Noi andiamo avanti fino a quando sarà possibile fare cose utili per gli italiani. Le altre valutazioni spettano a Conte». Il segretario del Pd, spiegano al Nazareno, avrebbe anche deciso di non di andare nei talk show per un motivo ben preciso: «Stiamo cercando di concedere a Renzi più spazi televisivi possibili, perché più va in tivù, più noi cresciamo».

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