Cosa sta succedendo al Consiglio Europeo tra Giuseppe Conte e l’Olanda

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Non si può del tutto scartare l'ipotesi che salti il tavolo e si decida di rinviare ulteriormente la definizione degli aiuti, mettendo così in grandissima difficoltà Italia e Spagna. Ma sarebbe un finale a sorpresa che potrebbe accadere soltanto se la Germania cambiasse cavallo all'ultimo momento. Di certo una previsione si può azzeccare fin da ora: alla fine, comunque andrà, tutti diranno di aver vinto

“A Bruxelles non Giuseppe Conte, ma l’Italia intera combatte una guerra per la vita o la morte sul Recovery Fund“: Marco Travaglio nel suo editoriale sul Fatto stamattina usa toni drammatici per descrivere la trattativa al Consiglio Europeo che oggi dovrebbe finalmente chiudersi. Anche il Corriere della Sera e Repubblica puntano sulla gravità della situazione (“Muro contro muro, ma si tratta” e “Sul filo del rasoio”) e quasi tutti puntano il dito contro Mark Rutte e l’Olanda che blocca il pacchetto anti crisi Next Generation UE e il bilancio Ue 2021-2027 a cui è collegato, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte combatte strenuamente l’eroica battaglia sul Piave che mormorava.



Cosa sta succedendo al Consiglio Europeo tra Giuseppe Conte e l’Olanda

Al di là della retorica e dell’ora delle decisioni irrevocabili, vediamo la materia del contendere. La Commissione Europea ha presentato il 27 maggio il Recovery Plan, che prevede 750 miliardi di movimentazione per far ripartire le economie dei paesi più colpiti dall’emergenza Coronavirus e dalla crisi di COVID-19. Di questi attualmente 500 miliardi sono trasferimenti a fondo perduto e 250 erano prestiti: questa la prima proposta, diventata poi 450/300 e in discussione nella notte. I Paesi che vengono definiti «frugali» sono arrivati chiedendo più prestiti e meno aiuti. Verranno compensati dalla conferma dei rebates, ovvero gli sconti sui contributi al bilancio europeo inventati per la Gran Bretagna e poi pretesi dalla Germania e oggi dai frugali”. L’Olanda partiva chiedendo che i piani di riforma che i Paesi devono presentare per accedere al fondo fossero approvati all’unanimità. Gli altri membri concordavano su un «freno d’emergenza» ma senza unanimità.




Il nodo del contendere è molto semplice: mentre i prestiti possono essere tollerati dalle opinioni pubbliche dei loro paesi, gli olandesi, gli svedesi, i danesi e gli austriaci non vogliono “regalare” soldi all’Italia e agli altri paesi che riceverebbero la maggiore mole di trasferimenti. Perché non vogliono? In parte perché esiste una larga fetta di opinione pubblica nei loro paesi che vede con ostilità i sussidi in ogni caso; in parte perché l’Unione Europea durante la crisi dei mutui subprime ha insegnato loro che non si regala niente a nessuno. A insegnarglielo, significativamente, più di tutti è stata la Germania che oggi si trova dall’altra parte della barricata.

Soldi, controlli, sconti: su cosa litigano Italia e Olanda al Consiglio Europeo

Su cosa stanno litigando di preciso i paesi europei e i due schieramenti? Vediamo una sintesi per punti:



Recovery Plan: i punti in discussione al Consiglio Europeo (La Repubblica, 19 luglio 2020)

Come andrà a finire al Consiglio EU?

Come andrà a finire quindi? In primo luogo è giusto osservare che di solito quando cominciano i vertici dell’Unione Europea per prevedere chi vincerà di solito basta capire la posizione di Germania e Francia. E in questo caso Germania e Francia sono dalla parte dell’Italia. È vero che in molte occasioni il fronte che oggi viene chiamato “frugale” ha vinto o stravinto, ma è anche vero che in tutte quelle occasioni la Germania stava dalla loro parte, anzi guidava il fronte. E abbiamo visto anche tutti i danni per l’economia europea che negli anni si sono susseguiti a causa di quelle posizioni che oggi Angela Merkel pare aver abbandonato. C’è poi da ricordare che molto spesso questo tipo di vertici è stato descritto come “scontro finale” ed “estremo duello” alla vigilia e durante il suo svolgimento per poi far scoppiare fragorosamente la pace alla fine del vertice con brindisi annessi. Si noti che l’opposizione in Italia oggi sul tema è in rigoroso silenzio: se Salvini e Meloni avessero la certezza di come andrà a finire probabilmente starebbero già urlando all’Europa matrigna per lucrare voti. Stanno invece zitti perché sanno benissimo che se parlassero oggi rischierebbero di essere smentiti stasera e non ci farebbero una grande figura.

Riguardo l’atteggiamento dell’Olanda e degli altri paesi frugali, il giorno della presentazione di Next Generation EU Daniel Cohn Bendit, ex eurodeputato verde, leader del 68 e consigliere ufficioso di Macron, cittadino francese e tedesco ma soprattutto europeo, rilasciò un’intervista al Corriere della Sera in cui centrò perfettamente il punto:

Nella questione del debito la cancelliera Merkel ha spostato il peso della Germania da punto di riferimento dei «frugali» del Nord a alleata di Francia, Italia e Spagna. È sorpreso da questo cambiamento?
«Non più di tanto, perché Angela Merkel funziona così, per folgorazioni improvvise. Ha sempre difeso il nucleare in Germania, salvo poi cambiare idea di colpo dopo Fukushima. Era rigida sull’immigrazione, poi si è detta che come prima cancelliera venuta dall’Est non poteva mettere il filo spinato, e ha aperto le frontiere. Adesso ha capito che la Germania non può restare in un angolo a guardare. E quindi ha accettato il principio, sempre rifiutato prima, di una messa in comune del debito».

Che succederà se la proposta della Commissione non otterrà l’approvazione all’unanimità?
«Allora bisognerà avere il coraggio politico di dire che il troppo è troppo. Siamo stati per anni ostaggio della Gran Bretagna, dopo la Brexit non possiamo rimanere appesi ai no dei Paesi Bassi o dell’Austria. Se preferiscono uscire dall’Europa, se ne prendano le responsabilità».

Minacciando la cacciata (impossibile) dall’UE di chi oggi blocca gli aiuti l’eurodeputato non diceva sul serio, ma metteva la pistola sul tavolo: il potere negoziale dei paesi che oggi sono all’opposizione del Recovery Plan è infinitamente inferiore rispetto agli anni in cui ai consigli d’europa si descrivevano come pezzenti i paesi che chiedevano aiuti. Ecco perché l’arma finale della trattativa può essere benissimo un voto che li metta in minoranza. Giustamente non si arriverà a questo e si cercherà una mediazione, così come non si può del tutto scartare l’ipotesi che salti il tavolo e si decida di rinviare ulteriormente la definizione degli aiuti, mettendo così in grandissima difficoltà Italia e Spagna. Ma sarebbe un finale a sorpresa che potrebbe accadere soltanto se la Germania cambiasse cavallo all’ultimo momento. Di certo una previsione si può azzeccare fin da ora: alla fine, comunque andrà, tutti diranno di aver vinto.

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