Torna a tenere banco ed agitare la maggioranza il tema delle armi da inviare in Ucraina: un terzo decreto per alzare il livello degli aiuti militari che l’Italia manderà a Kyiv è allo studio del governo. La lista delle armi è secretata ma fonti parlamentari parlano di cingolati e altri mezzi di “artiglieria pesante”. Se Palazzo Chigi sembra intenzionato ad andare per la sua strada, che è quella stabilita a livello sovranazionale con accordi europei, la principale forza di maggioranza – il Movimento 5 Stelle – frena. Il leader grillino Giuseppe Conte oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano fa una precisazione su quanto dichiarato in precedenza circa la distinzione tra armi “offensive” e “difensive”. “Non è affatto vaga – spiega – ma la mia maggiore preoccupazione è che rimanga vago l’obiettivo politico che vogliamo perseguire. Offriamo sostegno all’Ucraina per difendersi oppure ci prefiggiamo di rovesciare il regime di Putin e di innalzare lo scontro armato portandolo a un livello planetario?”.
Per l’ex premier il nostro Paese dovrebbe avere come “unico obiettivo ragionevole” permettere la difesa di Kyiv “senza contribuire a un’escalation militare che amplierebbe la sofferenza delle popolazioni e le distruzioni, e ci precipiterebbe in una severa recessione economica”. Il Consiglio nazionale del M5S ha deliberato in questo senso, e Mario Draghi ne è stato informato da Conte Stesso: “Sarà importante che il premier chiarisca l’indirizzo politico che intende far valere nei contesti internazionali, e che questo sia vagliato e approvato dal Parlamento”. Sui decreti interministeriali che stabiliscono quante e quali armi verranno inviate in Ucraina non è infatti previsto un voto diretto dell’Aula: il governo si fa forte del “via libera” ottenuto lo scorso 17 aprile dalle due camere.
Sul Corriere della Sera Conte risponde a chi gli chiede se questa posizione possa costituire uno strappo al governo: “Il Movimento 5 Stelle non mira a erigere muri ma vuole contribuire, come partito di maggioranza relativa, a determinare l’indirizzo politico che il governo dovrà far valere in tutte le sedi internazionali, ossia porre fine al conflitto lavorando incessantemente per una soluzione politica”. “Non avvertiamo – precisa Conte – la necessità di ribadire ogni giorno che abbiamo fiducia nel premier. In uno scenario così complesso, di fronte a un evento bellico imprevisto, a difficoltà economiche che si sommano ai danni della pandemia, sentiamo il dovere di fornire il nostro contributo all’indirizzo politico e di avere un confronto davanti ai cittadini. È questa la differenza tra la democrazia parlamentare e i regimi autarchici: da noi il governo si confronta costantemente con il Parlamento”.