«Boris Johnson chiederà il rinvio della Brexit»

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Il governo britannico chiederà una proroga della Brexit se non si riuscirà a ottenere un nuovo accordo con la Ue. Sta scritto nero su bianco sui documenti legali presentati dal governo di Boris Johnson nell'ambito di una causa che viene dibattuta oggi in Scozia

Se entro il 19 ottobre non sarà trovato un accordo tra Regno Unito e Unione europea, Boris Johnson invierà a Bruxelles la lettera per chiedere il rinvio della Brexit, così come previsto dalla legge anti no deal approvata nelle scorse settimane dal Parlamento di Westminster. Il tutto è scritto nero su bianco sui documenti legali presentati dal governo di Boris Johnson nell’ambito della causa che viene dibattuta oggi presso la massima corte civile della Scozia. Quanto affermato nei documenti legali smentisce dunque quanto Boris Johnson va dicendo da settimane, ovvero che il Regno Unito uscirà dalla Ue a qualsiasi costo il 31 di ottobre. L’azione legale è stata avviata presso la Court of Sessions di Edimburgo, la massima corte civile del paese, dall’uomo d’affari Vince Dale, dalla deputata dello Scottish National party, Joanna Cherry, e da rappresentanti del Good Law Project. Il giudice della corte, Lord Pentland dovrebbe emettere il suo verdetto già nella giornata di lunedì.



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La deputata dello Scottish National Party Joanna Cherry, una delle promotrici del ricorso di urgenza alla corte, ha chiesto nondimeno al giudice di imporre “un obbligo formale” per assicurare che il primo ministro rispetti davvero l’impegno manifestato nei documenti legali. “Boris Johnson ha detto alla Corte tramite i suoi avvocati una cosa diversa da quella che ha detto ieri in Parlamento – ha detto la Cherry – Con un primo ministro del genere non serve nulla di meno di un obbligo formale”.

Le conseguenze della Brexit

S&P Global Rating in un report dal titolo ‘Countdown to Brexit: no-deal risks revisited’ ha intrapreso 39 azioni sui rating relative ai rischi della Brexit da quando, da ottobre, ha alzato a ‘elevata’ la possibilità di una Brexit no deal. Gli economisti S&P prevedono che, in uno scenario senza accordi, il PIL britannico si ridurrebbe del 2,8% nel 2020. Nel 2021, la produzione sarebbe inferiore del 4,7% rispetto allo scenario base di un accordo. S&P Global stima che l’economia britannica abbia perso circa il 3% del Pil nei 10 trimestri successivi al referendum dell’UE. I rating sul credito sovrano del Regno Unito (AA/A-1+) “tengono già conto di un quadro politico meno prevedibile a seguito del referendum del 2016. Le prospettive sui rating sono negative, riflettendo il rischio di prolungata debolezza economica e deterioramento delle finanze pubbliche in una Brexit senza accordo”.



Resta invece un fattore determinante sul rating delle società con sede in Europa e per i gruppi delle infrastrutture. I settori più esposti continuano ad essere le auto, il tempo libero, il retail, gli immobiliari, aerospaziali e difesa, infrastrutture di trasporto. Una Brexit senza accordo potrebbe cambiare la visione di S&P sulle banche, anche se è più probabile una revisione dell’outlook che non un declassamento a breve termine. Fuori dal Regno Unito le implicazioni sarebbero limitate. Contenuto anche l’impatto sulle assicurazioni. L’incertezza sulla Brexit sta invece già pesando sul mercato immobiliare, come risulta da 11 declassamenti o cambiamenti delle prospettive negli ultimi 12 mesi.



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