Le 49 attività pronte alla riapertura secondo i codici ATECO

Categorie: Economia, Fatti

Per ogni attività bisogna stimare la possibilità di mantenere il distanziamento fisico tra i lavoratori e il rischio di venire a contatto con fonti di contagio. 49 attività su 97 ottengono le valutazioni di basso rischio che permetterebbero la riapertura

La task force per l’emergenza Coronavirus guidata da Vittorio Colao sta esaminando un documento chiamato «Covid-19: tabella delle classi di rischio dei lavoratori». Si tratta, spiega oggi Giuseppe Selvaggiulo sulla Stampa, di una griglia per valutare la pericolosità delle attività economiche sulla base di due parametri: aggregazione sociale e rischio integrato.



Le 49 attività pronte alla riapertura secondo i codici ATECO

Per ogni attività bisogna stimare la possibilità di mantenere il distanziamento fisico tra i lavoratori e il rischio di venire a contatto con fonti di contagio, spiega il quotidiano:

Ciascuno dei due parametri è misurato con diverse gradazioni cromatiche. Il livello di aggregazione sociale varia da 1 (colore verde, rischio basso) a 4 (rosso, alto). In mezzo il valore 2 è bianco e il 3 giallo. Il rischio integrato varia da basso (verde) a alto (rosso). In mezzo il rischio medio-basso (bianco) e medio-alto (giallo). Le imprese sono divise secondo i codici Ateco (Attività Economica), combinazioni alfanumeriche in cui le lettere individuano il macro-settore mentre i numeri (da due fino a sei cifre) definiscono «divisioni, gruppi, classi, categorie, sottocategorie».



Coronavirus: le categorie di lavoratori più a rischio (Il Messaggero, 11 aprile 2020)

Per esempio un’azienda che coltiva cereali ma non riso si iscrive alla camera di commercio con il codice Ateco A01.11.10. Analogamente per tutti i settori, con 787 articolazioni. E anche all’interno delle stesse categorie ci sono attività con profili di rischio diversi. I codici Ateco sono stati usati dall’inizio dell’emergenza per definire divieti e deroghe. Secondo l’Istat le imprese formalmente bloccate sono 2,1 milioni (poco meno del 48%), che impiegano 7,1 milioni di addetti (di cui 4,8 milioni dipendenti).

E quindi 49 attività su 97 ottengono le valutazioni di basso rischio che permetterebbero la riapertura (ma alcune di esse non sono mai state chiuse):



Dunque, secondo questa classificazione, possono ripartire silvicoltura, cave e miniere, edilizia, servizi immobiliari, pubblicità. Quanto al manifatturiero, luce verde per industria del tabacco, tessile, confezioni di abbigliamento e fabbricazione di articoli in pelle, chimica, plastica, gomma, metallurgia, autoveicoli, legno e mobili. Più sfumata, ma sostanzialmente possibilista, la valutazione sul commercio. Il rischio sul distanziamento sociale è valutato 2 su 4; quello sulla possibilità di contagio varia da basso per autoveicoli e centri all’ingrosso a medio-basso per tutti gli altri negozi al dettaglio. Ma diventa alto per i centri commerciali.

Niente da fare invece per i trasporti e i collegati e ovviamente per le attività di ristorazione.

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