Tutti i buchi nei conti di Renzi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-10-16

Legge di stabilità al varo con il buco nero della Spending Review. In attesa di Bruxelles. Sotto le slide, finora, niente coperture. Non ha effetto recessivo, ma l’espansione è in dubbio. E i tagli agli enti locali promettono un futuro inasprimento fiscale

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«La più grande riduzione di tasse dell’era repubblicana», ma anche la più grande manovra senza copertura della storia dei governi italiani. L’ammontare della legge di stabilità varata ieri sera dal governo Renzi è ambiziosa e non manca di passi nella giusta direzione, ma il buco nero delle coperture di spesa salta agli occhi di tutti ben prima dell’approdo dei conti a Bruxelles. Le slide presentate ieri sera dal governo e pubblicate dal sito internet di Palazzo Chigi sembrano un’autobiografia del metodo Renzi di governo: numeri grossi sparati sulle slide e zero spiegazioni su come troverà i soldi.


LA MANOVRA SENZA COPERTURA DI RENZI
Uno dei (pochi) critici sulla manovra nei giornali di oggi è Enrico Marro, che fa due osservazioni importanti in prima pagina sul Corriere della Sera:

Questo insieme di misure va nella direzione giusta. Ma non basterà a rilanciare la crescita, se non saranno soddisfatte due condizioni: 1) il rilancio degli investimenti, a partire da un completo e miglior uso dei fondi strutturali europei (44 miliardi nel 2014-20); 2) la credibilità dell’Italia sulla capacità di onorare l’enorme debito pubblico e, gradualmente, di ridurlo. Su questi due punti la politica del governo non ha fatto un salto di qualità.I l taglio della spesa scaricato per 7 miliardi su Regioni, Comuni e Province rischia di tramutarsi nell’ennesimo aumento delle imposte locali. Privatizzazioni e dismissioniimmobiliari restano al palo. Quanto agliinvestimenti pubblici, sono previsti dall ostesso governo in calo. Il debito pubblico salirà anche nel 2015: al 133,4% del Prodotto interno lordo, dal 131,6% del 2014. Oppure dal 127,8% di quest’anno al 129,7% del prossimo,togliendo i 60,3 miliardi che finora l’Italia ha tirato fuori per finanziare i fondi europei salva Stati, di cui hanno beneficiato Grecia, Irlanda,Portogallo, Spagna e Cipro.

Strano, visto che le perplessità sulla qualità dello show renziano ieri circolavano assai su Twitter:


Mentre Stefano Lepri sulla Stampa nota che la manovra non è espansiva in partenza, ma neutrale: meglio così che l’effetto recessivo che sarebbe risultato dall’applicazione delle norme europee, ma in partenza anche questi numeri hanno problemi. Al calo del prelievo fiscale dovrebbe accompagnarsi una riduzione delle spese che sia credibile nei numeri e possibile da applicare senza macelleria sociale. Ma è il computo dei tagli ad essere sotto la lente:

Tre ipotesi sono possibili. Primo, gli interventi sulla spesa saranno maldestri; l’esperienza passata sui «tagli lineari» ci dice che cambiano poco e per di più non durano. Secondo, i tagli sono fittizi e il deficit 2015 oltrepasserà la soglia del 3%,con rialzo dei tassi sul debito e sanzioni europee. Terzo, i tagli saranno ben concepiti, e proprio per questo solleveranno una tempesta di resistenze. Purtroppo incidere sulle cattive erogazioni di denaro pubblico per una cifra così grande, 12,3 miliardi aggiuntivi rispetto alle misure già in corso, richiede che si colpiscano interessi costituiti ben capaci di difendersi. E’ già partita al contrattacco la politica locale, dove gli sprechi sono assai diffusi. Vedremo nelle prossime ore chi altri alzerà le barricate.

In più, l’aumento della tassazione sui fondi pensione (e sulle fondazioni bancarie) è un colpo alla previdenza complementare che già non godeva di buona salute e adesso rischia l’affondamento finale: soltanto dieci anni fa si raccontavano meraviglie a proposito del secondo pilastro che ci avrebbe salvato dall’indigenza del contributivo causata dai tagli al costo del lavoro. Dieci anni dopo possiamo tranquillamente affermare che la previdenza complementare non ci salverà.
 
COSTI E RICORSI STORICI
La scenetta tra Padoan e Renzi sui 4 miliardi di nuovi tagli agli enti locali (Regioni e Comuni), poi, spiega l’importanza di un altro punto di discussione: che ne sarà delle imposte locali? L’aumento eventuale, auspicato anche da Padoan in polemica con il concetto di federalismo fiscale de’ noantri (e ha ragione il ministro ad augurarsi che le aumentino in modo che si capisca chi è – non lo Stato, attualmente – ad aumentare il carico fiscale sui cittadini) andrebbe però a intaccare tutti i tagli di tasse promessi ai cittadini: così com’è, l’effetto degli 80 euro, che già ha impattato quasi per nulla sui consumi, rischia di ridursi ulteriormente fino quasi a scomparire. E tutto ciò in attesa di spiegare concretamente quali saranno i ministeri che subiranno un taglio “non lineare” secondo le promesse del governo. Infine c’è una tabella riportata anche oggi da Libero che dà l’effetto arma-fine-del-mondo: rappresenta gli aumenti programmati di IVA e altre tasse nel caso che il governo non riesca a far tornare i conti nel 2015:
legge di stabilità clausole di salvaguardia
 
Le clausole di salvaguardia rappresenterebbero il colpo di grazia per un’economia asfittica. E la ripresa programmata (e ancora non pervenuta) finirebbe strozzata nella culla.
 
E L’EUROPA?
Resta da capire cosa succederà a Bruxelles. I Paesi dell’Ue avevano tempo fino alla mezzanotte di ieri per inviare le proprie finanziarie alla Commissione europea. Entro il 30 ottobre, se ci saranno progetti governativi non conformi e in grave sbilancio, la Commissione europea ha il potere di bocciarli. I duePaesi più arischio sonoItalia e Francia. Il dato del deficit della Francia è il 4,3% del Pil, contro il 3% richiesto dall’Ue. Ilpresidente François Hollande sta negoziando conl’Europa e la Germania per accordarsi con il governo tedesco: la cancelliera Angela Merkel non dovrebbe sposare eventuali sanzioni decise da Bruxelles contro la Francia chiedendo in cambio a Hollande una lista vincolante delle riforme strutturali da varare. Il Corriere riferisce che Parigi avrebbe trovato un accordo con Berlino: ok all’extradeficit in cambio di una road map sulle riforme da varare, e poi da rispettare. Un po’ poco per fidarsi, visti i precedenti. Ma se la via è quella, tutte le strade portano (anche) a Roma.

Leggi sull’argomento: La legge di stabilità del governo Renzi

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